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Abbiamo assistito ad una esperienza unica, una sorta di terapia musicale, rimedio cardiovascolare e panacea per l’anima degli spettatori presenti in sala.
Questo il ritorno a Roma di Laurie Anderson, artista multimediale, rappresentante della scena d’avanguardia newyorchese, storyteller garbata e intelligente e da sempre perfettamente a suo agio con l’elettronica. Il suo spettacolo, intitolato “X² ("Let X=X"), è stata una performance originale e brillante, raffinata e travolgente, che ha ripercorso alcune delle fasi più importanti della sua carriera artistica, collegate anche alle pubblicazioni di album come “Strange Angels” del 1989, “Big Science” del 2007 e “Homeland” del 2010.
Laurie Anderson, ancora convalescente dopo un intervento alla spalla e obbligata ad impugnare il suo violino in maniera diversa, era accompagnata sul palco dai Sexmob, un gruppo molto noto nel Village di New York, guidato da Steven Bernstein e composto da Briggan Krauss, alla chitarra e al sassofono, da Tony Scherr , al basso, da Doug Wieselman, alla chitarra e ai fiati, da Mazz Switft e da Christina Courtin, entrambi ai violini e ai cori, e da Kenny Wollesen, alle percussioni.
Grazie all’apporto di una band molto preparata e versatile come i Sexmob, Laurie Anderson ha potuto presentare dal vivo delle versioni con nuovi arrangiamenti dei suoi vecchi brani e andare a cogliere possibilità inesplorate (al punto di renderle quasi irriconoscibili) in composizioni come “A Hard Rain Is Gonna Fall” , di Bob Dylan e come “Dirty Boulevard” di Lou Reed, ex vocalist dei Velvet Underground, ma soprattutto l’uomo che ha amato, che ha sposato e a cui è rimasta vicino fino all’ultimo.
Proprio il ricordo di suo marito Lou l’ha portata ad instaurare un dialogo virtuale con lui e la sua voce, che interpretava “Junior Dad” tratta da “Lulu” (album del 2011 di Lou Reed e dei Metallica), è entrata a far parte della performance, insieme ad una sua foto che compariva sul display.
Si è trattato di un momento davvero molto commovente per Laurie, un’artista che non vuole e che non è capace a nascondere la sua fragilità, che vuole e che riesce a vivere nell’amore, anche quando questo comporta una perdita. Ha ricordato anche l’insegnamento di un maestro buddista che le ha fatto imparare come sentirsi tristi senza essere tristi (“How to feel sad, without being sad”). A questo punto dello show Laurie, con una tenerezza mista a sano divertimento, ha inteso confidare al pubblico le tre regole di vita che lei e Lou si erano imposti: 1) non avere mai paura, di niente e di nessuno 2) fornirsi di uno strumento tali da saper riconoscere ed espellere immediatamente la tanta merda in circolazione 3) saper provare tenerezza, sempre e comunque.
Il concerto è proseguito con la riproposta di “Coolsville” e di “Beautiful Red Dress”, da “Strange Angels”, e di “Bodies In Motion”, tratta invece da “Homeland”, del 2010. Tutto questo in un mix onirico di musica d’avanguardia a carattere minimale, permeata da ingredienti jazz, di citazioni rock e incursioni reggae. Su tutto però governava sempre l’elettronica morbida, intelligente e a tratti percussiva di Laurie Anderson che nel corso dello show non si è mai risparmiata in fatto di critiche al potere, al governo americano.
Nel suo spoken word ha attentamente evitato di fare nomi, di fare riferimento a persone, ma quando ha parlato de “l’ordine delle cose”, del nuovo “concetto d’amore” in vigore negli Stati Uniti (fatto di una serie di cerchi concentrici che partono dalla famiglia e finiscono con l’escludere progressivamente gli altri) e ha sottolineato come il linguaggio sia cambiato, nel ricorso quotidiano dei mass media a parole “diverse”, discriminanti e razziste.
Il nuovo linguaggio è in realtà un virus che contamina la nazione intera. Molte le citazioni e i riferimenti poetici, filosofici e letterari (in particolare a poeti e scrittori della “beat generation”) attraverso i quali Laurie ha voluto scardinare le fondamenta di standard esistenziali a dir poco barbarici. Soltanto l’Arte, solo una nuova forma di delicatezza, che va sbattuta in faccia ai bruti, può salvarci da tutto questo.
Ci è sembrata molto bella infine una riflessione sulla giustizia, che non è altro che l’amore quando si cala nelle cose pubbliche. Donna sorridente, gentile, ma allo stesso tempo una vera rivoluzionaria. Alla fine della serata Laurie ha voluto ricordare ancora una volta suo marito, Lou Reed, morto nel 2013. Erano soliti praticare insieme il Thai Chi' e allora ha invitato il pubblico ad alzarsi in piedi e a ripetere con lei (supportati dai violini struggenti dei Sexmob) i movimenti lenti, ma armoniosi, dell’antica arte marziale cinese
SETLIST What Is Love? Big Science Language Is a Virus Coolsville Dirty Boulevard Transitory Life Beautiful Red Dress A Hard Rain Is Gonna Fall Bodies In Motion Drum Dance It’s Not The Bullet Muddy River Junior Dad
Articolo del
05/11/2025 -
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