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Cruda, diretta, sincera ma necessaria: la criminologa Roberta Bruzzone ha tenuto col fiato sospeso il Teatro Ariston di Sanremo domenica 7 dicembre con il suo spettacolo “Amami da morire”. Un monologo di quasi due ore senza nemmeno una pausa, con l’accompagnamento musicale del marito Massimo Marino, che ha creato musiche originali per lo spettacolo, sull’onda della psichedelia che richiamava lo stile dei Pink Floyd e di altri gruppi progressive affini. Al centro, la relazione tossica vittima-narcisista, sviscerata in modo capillare attraverso un’analisi lucida e spietata.
Una relazione malata che si imposta “come un debito: se ami davvero ti sacrifichi. Restare è la peggiore decisione, bisogna smascherare questo processo. Faremo un’autopsia, ma sul tavolo autoptico c’è una relazione ormai morta. Il mio compito - ha introdotto la criminologa - è portarvi in un viaggio che ruota attorno a 3 pilastri: riconoscere nominare e smascherare. Il mio obiettivo è generare in voi consapevolezza, non è una serata romantica”.
Il manipolatore per avere potere parte con una fase di love bombing, bombardamento amoroso. Una fase abbagliante, piena di regali e complimenti.
“È la neurobiochimica dell’inganno. Molto importante è prendere tempo. Evitate di riprodurvi in quella fase, un figlio vi lega per sempre al manipolatore. La prima fase è un: incantesimo: vi compra con tre messaggi, due cene, è una recita. Il manipolatore ha fretta. Poi arriva la seduzione tossica, l’attenzione si trasforma in fase di controllo. La terza fase è la svalutazione: battute per sminuirvi. Perche’ resti? In quel momento sei intrappolata a livello biochimico, il manipolatore è il pusher e il tuo cervello cerca la prossima dose di dopamina. La quarta fase è il gaslighting (termine ispirato al film “Gaslight” del 1940), in cui si fa dubitare la vittima sulla sua percezione della realtà. Praticamente ti fanno passare per pazza. Mette in discussione ciò che fai, sei tu che ti ricordi male, non hai mai ragione, nega l’evidenza. L’ultima fase è quella dello scarto, in cui la vittima è ormai usurata, depauperata”. C’è poi la fase detta hoovering: ogni tanto ritorna, bussa alla porta “ma non perché vi rivuole indietro, vuole capire se la vostra astinenza ha funzionato, se ha ha ancora potere su di voi”.
La persona manipolatrice (uomo o donna che sia) porta la vittima a un alto livello di angoscia. È come giocare alla roulette russa con le pistole sempre pronte a esplodere”.
Un altro termine è il mirroring: il narcisista usa il metodo dello specchio truccato. Utilizza anche la triangolazione, ovvero il farvi sentire sostituibili: per esempio con i complimenti alla collega, vi sentite sempre sull’orlo di una crisi.
“Il numero delle vittime è impressionante e spesso non si rendono conto della situazione. L’abuso narcisistico ti svuota e le vittime imparano ad amare da morire (da qui il none dello spettacolo)”.
Un meccanismo subdolo e perverso che non avviene solo nella coppia, ma anche nelle sette e in alcuni gruppi politici. Un vero e proprio assedio neuriobiohimico. Ed è qui che entra in gioco la spiegazione scientifica, la “chimica dell’inganno”: le vittime non sono stupide, sono intossicate.
“Si inizia con la dopamina, è la fase iniziale dove tutto è bellissimo. Perdi il senso critico, tutto ruota intorno al soggetto. Poi arriva la fenilatinemina, le “farfalle nello stomaco”. Si sprigiona quindi l’adrenalina, che vi fa sentire invincibili. E, poi, l’ossitocina, l’ormone potente del legame. Si parla anche di serotonina: quando siamo innamorati, nelle relazioni sane la curva va a decrescere, la parte passionale si riduce, la relazione diventa matura. Nella relazione tossica è tutto un luna park, si sale e si scende: la vittima è dipendente, spera di ricevere la “dose” e di ritrovare la magia iniziale, il manipolatore alterna carezze a silenzi punitivi. Perché non riesci a lasciarlo? Perché sei intossicata. Temi la fine del legame piu della morte. Bisogna interrompere quel legame, la fase iniziale è tosta. L’astinenza è dolorosa, per un po’ di mesi starai male”.
Tra gli altri consigli di Bruzzone, occorre mantenere una lettura critica, evitare di idealizzare, stare attenti al troppo (tutto “troppo” bello, “troppo veloce), testare i confini. Saper dire di no è il più raffinato test psicologico. “Ascoltate il vostro corpo: ansia insonnia tachicardia? Il sistema limbico percepisce una minaccia. Un triplice valido antidoto? tempo, consapevolezza, distanza”. L’obiettivo è non cadere nel senso di colpa: ogni cosa diventa colpa della vittima, che giustifica i torti subìti.
“La domanda da farsi - suggerisce la criminologa - non è perché ha smesso di amarmi, ma perche tu hai smesso di amarti? Il primo passo è riconoscere che sei dentro un meccanismo, il secondo è scrivere un diario, poi riprendere i contatti con chi vi vuole bene. Non c’è modo di salvare questi soggetti o di guarirli. Avete il diritto di essere persone libere, intere, vive”.
Poi i consigli per chi è vicino a una vittima: “non fatela sentire giudicata, non attaccate il manipolatore frontalmente. Aiutate le vittime a ad aumentare la loro autostima, a riprendere i propri spazi di autonomia”.
E, infine, un messaggio di speranza di Bruzzone per chi vive quest’incubo: “la rabbia può diventare una fonte di energia straordinaria. Non devi piu chiedere il permesso per esistere. Devi scegliere te. Esci, respira, ricostruisciti”
Articolo del
08/12/2025 -
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