Accompagnati verso l’uscita con discrezione e silenti (per non disturbare il concerto di Daniele Silvestri che era in corso di svolgimento in Cavea), questo dopo aver assistito al concerto di uno dei più grandi chitarristi e songwriter della storia del rock.
Forse è il segno dei tempi, ma ormai ci siamo abituati e la scarsa prevendita era un segnale preoccupante. Sì perché Richard Thompson, ex Fairport Convention, gruppo guida del folk rock britannico nei primi anni Settanta, viene considerato da alcuni il migliore folksinger dopo Bob Dylan e il migliore chitarrista dopo Jimi Hendrix ma poi - dati alla mano - non riscuote il successo di pubblico che meriterebbe.
Probabilmente legato a tempi che non esistono più, Mr Thompson, 76 anni compiuti, ha poca confidenza con i social media e disdegna finanche il semplice concetto di promozione.
Lui si affida da sempre solo e soltanto alla sua passione e ad una genuina capacità comunicativa e - grazie a questi due ingredienti - in un’ora e mezza di concerto ha trasformato la Sala Petrassi dell’Auditorium in un pub londinese. Abbiamo assistito ad un set acustico di rara intensità e di grande bellezza che ha fatto rivivere le sonorità del primo folk rock inglese, ricco di citazioni blues e di passaggi chitarristici di pregio che hanno messo in evidenza le sue grandi qualità tecniche come chitarrista.
A volte sembrava che ci fosse una band ad accompagnarlo sul palco, invece no. Era semplicemente lui, velocissimo ed impeccabile in quei passaggi armonici che sostenevano il suo canto. Ad un certo punto ha fatto il suo ingresso in scena anche Zara Phillips, autrice e vocalist, nonché sua moglie, e da allora in poi molti brani del repertorio solista di Richard Thompson sono stati impreziositi dal suo controcanto.
Un live act essenziale, poco illuminato e con una ambientazione semplice, insomma era la dimensione giusta per fare emergere la sua musica, le sue canzoni, la sua simpatia e poco altro. Poche le citazioni dal repertorio dei Fairport Conventiom, forse soltanto una, quella “Genesis Hall”, tratta dall’eccellente “Unhalfbricking”, un album del lontano 1969.
Per il resto brani come “Singapore Sadie” e “The Old Pack Mule”, tratti da “Ship To Shore”, disco del 2024, insieme a tante piccole gemme provenienti dalla sua carriera solista e dal periodo in cui si esibiva come Richard & Linda Thompson (la sua ex moglie).
Ci sono rimaste impresse canzoni come la stupenda “Johnny’s Far Away”, da “Sweet Warrior (Son Of Anarchy)”, disco del 2007, l’indimenticata “1952 Vincent Black Lightning”, l’inno ufficiale per tanti motocilisti britannici, e ancora “Withered And Died”, Wall Of Death “ e la bellissima “ballad” intitolata “I Want To See The Bright Lights Tonight” con cui ha chiuso il suo “live act”. Una serata da non dimenticare, vissuta nel segno della musica, proprio come si faceva un tempo, quando facevamo volare il cuore e la mente, senza distrazioni inutili come contorno.
SETLIST Gethsemane Genesis Hall Turning of the Tide The Ghost of You Walks Johnny's Far Away If I Could Live My Life Again Walking the Long Miles Home 1952 Vincent Black Lightning Hokey Pokey (The Ice Cream Song) Singapore Sadie Pipe Dreams She Twists the Knife Again The Rattle Within Withered and Died The Old Pack Mule Wall of Death Encore: Dimming of the Day I Want to See the Bright Lights Tonight
Articolo del
06/09/2025 -
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