La vita è un filo d’argento, duttile, troppo fragile, assai prezioso… a tratti talmente sottile che potrebbe quasi non vedersi. E poi il tempo, altra macchinazione infernale da capire in questa vita nostra. E in questi ultimi tempi Silvia Conti ci ha regalato una canzone che sa di blues e non lo nasconde affatto. Dopo un disco che ha segnato il ritorno in scena discografica (da quel Sanremo del 1985), la metamorfosi ha significato un ritorno alle origini. Il blues che più delle semplici progressioni classiche che ritroviamo ne “L’incrocio del diavolo”, diviene un mood specifico e un sentire di vita con cui scrivere la forma di una melodia. E questo nuovo singolo dal titolo “Il filo d’argento (per Enrico)” sempre pubblicato dalla RadiciMusic di Firenze, custodisce una lirica scritta e disegnata all’improvviso, di getto, senza troppo pensarci… vomitata come direbbe qualcuno. Un sentire che sanguina all’indomani della morte di Erriquez della Bandabardò e che ancora perde sangue come una ferita. Ecco dunque: canzone che somiglia ad una ferita, che non lenisce perché non è una soluzione… sono domande in bilico contro tutte le risposte possibili. Tutto questo è decisamente blues
Silvia Conti ed Erriquez. Partiamo da questo legame che da più parti citi come d’amore e penso sia un amore puro, sincero, di amicizia e di viaggio… un legame anche artistico in qualche modo? No, il nostro legame artistico si è limitato a piccole collaborazioni. Era l'amicizia il legame forte tra noi, un'amicizia nata “col botto”, potremmo dire, in un momento particolare delle nostre vite che ci ha portato anche a una convivenza. È stato un periodo magico
Come nasce questo brano che sembra una “vomit song” come le chiamerebbe Michael Stipe dei REM? Cioè una canzone “vomitata” di getto e di impulso… Esattamente così, di getto e di impulso.E' stata una necessità, l'unico modo che conosco per buttare fuori i sentimenti, in questo caso il dolore. Non l'ho pensata, non l'ho costruita, non so neanche “come” sia venuta fuori. Ho semplicemente preso la chitarra e ho cantato per lui.
Roberto “Bob” Mangione è l’artefice degli arrangiamenti vero? Pensi che abbia saputo codificare l’impeto e la rabbia di queste liriche? Bob è sempre prezioso per me ma in questo caso è stato indispensabile. Dopo aver scritto la canzone avevo difficoltà anche a fargliela sentire perché mi faceva troppo male e non riuscivo a lavorarci sopra, mi sembrava non avesse senso: era già tutto lì, non volevo altro. E lui, che aveva bisogno quanto me di metabolizzare questa perdita, ha scelto la sua strada, l'ha arrangiata e suonata, riversando nei suoni il suo personale dolore
L’argento è un materiale duttile, malleabile… un filo dunque capace di spezzarsi con poco, come la vita. Ma allo stesso tempo l’argento è ricchezza in qualche modo… ho letto bene? L'argento è, fra i metalli, quello con la più alta capacità di condurre calore, con la più alta capacità di riflettere la luce, è più resistente dell'oro. Cosa di più vicino a Enrico, che era DAVVERO tutto questo?
Sei riuscita a cantarla dal vivo? Immagino che una simile scrittura ricca di emozioni porti con se anche delle difficoltà umane assai tangibili… Ci riesco ma non è mai facile. La voce mi trema sempre un po' ma non me ne preoccupo. E' sempre per lui che la canto, è a lui che mi rivolgo, diventa un momento intimo in cui ce l'ho davanti e riesco a dirgli, come non sono forse mai riuscita, quanto lo amassi Ma io so che lo sa. L'ha sempre saputo.
Articolo del
27/09/2021 -
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