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Un muro di ipocrisia intorno al caso delle Pussy Riot
23/09/2013 17.40.22
E’ passato un anno e mezzo dall’arresto delle tre componenti del gruppo punk russo delle Pussy Riot, condannate a due anni di reclusione per aver osato inscenare una protesta contro l’autorità suprema della Russia, lo zar Vladimir Putin. Da allora il silenzio è calato sulla vicenda, fatta eccezione per quello sparuto gruppo di amici delle tre musiciste russe che ha continuato a protestare per l’enormità della pena inflitta e la follia di un processo dal sapore medievale. Oggi la leader del gruppo, Nadezhda Tolokonnikova, ha iniziato uno sciopero della fame per protestare contro una presunta minaccia di morte da parte del vicecapo del carcere dove sta scontando la pena, per le insostenibili condizioni di lavoro nel reparto di abbigliamento dove è impiegata e per il pesante clima psicologico del luogo di detenzione, con minacce di violenza fisica da parte di altre detenute. Alla fine del ventesimo secolo, queste ingiustizie non sarebbero mai passate inosservate e il mondo della musica si è sempre distinto per unirsi compatto a diffondere istanze e campagne per sensibilizzare non solo l’opinione pubblica, ma anche i governi (vedi i casi di Nelson Mandela e di Aung San Suu Kyi) . Oggi è diverso, il mondo gira in modo schizofrenico e, nonostante la potenziale arma dei social network, nessuno può nulla contro l’establishment di Vladimir Putin, sempre più impegnato a calpestare ogni dissenso e, recentemente, distintosi in una delle più rozze campagne contro gli omosessuali. Un muro di ipocrisia circonda la grande Russia, complice la sua ritrovata potenza economica e forte di una leadership che fa proseliti anche fuori confine. Il fascino dei potenti rimane immutato, e quindi perché si dovrebbe rifiutare un invito a cena ben retribuito al Cremlino per una serata di gala (ne sanno qualcosa Sharon Stone e mezza Hollywood). Ma lo sciopero della fame delle Pussy Riot e la loro incredibile solitudine, segna la sconfitta di un modello che attraverso la difesa di alcuni casi simbolici ha permesso qualche decennio fa di far emergere alcuni incredibili grandi ingiustizie. Onore al merito a Madonna che durante il suo concerto sulla Piazza Rossa ha osato sfidare le autorità chiedendo la liberazione delle tre musiciste russe. E a poco servono gli atti simbolici delle 100 star firmatarie dell’appello di luglio a sostegno della causa (tra questi Bono, Sting e co.), mai come in questo caso bisogna far casino perché altrimenti nella grande madre Russia non sarà più possibile prendere un microfono per dire che Vladimir Putin sta asfissiando la libertà di espressione di milioni di persone. (f.b.)
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"This is Ischia not Amalfi"
22/09/2013 4.39.00
L’ultimo singolo degli Hooverphonic è perfetto per questa estate che sta finendo. Ha un titolo che potrebbe inorgoglire un po’ i tour operator del bel paese, Amalfi, peccato che il video è stato girato ad Ischia. Apriti cielo, neanche il tempo di far circolare in rete le malinconiche immagini dell’isola verde, che si scatena nell’iperspazio dei social network una polemica agguerrita degli abitanti di Ischia a colpi di post e di tweet. “This is Ischia, not Amalfi”, “Questo video è stato interamente girato ad Ischia perché chiamarlo Amalfi”, e così via in una sequela di lamentele campanilistiche che avranno termine solo quando gli Hooverphonic spiegheranno l’arcano o ritireranno il loro video cambiando magari il titolo da Amalfi in Ischia. Dietro la clamorosa svista ci potrebbe essere un po’ di superficialità dettata dall’omologazione di quella parte della costa campana alla costa amalfitana. Oppure si potrebbe anche immaginare che i realizzatori del video, dopo una serie di sopralluoghi, avranno deciso che era meglio ambientare gli addii e i tramonti strappa lacrime lungo un tornante dell’isola verde, piuttosto che nel delirio della più trafficata Amalfi. Sta di fatto che, nella loro ingenua buona fede, gli Hooverphonic (o chi per loro) si sono scontrati con un arcano sentimento che attraversa l’Italia dalle Alpi al Canale di Sicilia, quel meraviglioso campanilismo figlio dell’età dei comuni e ben rappresentato oggi nelle dispute calcistiche. Ci sarebbe da chiedergli cosa avrebbero pensato i Valloni se Eros Ramazzotti avesse girato un video a Bruxelles intitolandolo Bruges…
(f.b.)
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L’orologio biologico degli Oasis
20/09/2013 17.58.21
Quest’estate, uscendo malconcio dal concerto dei Blur di Roma, il primo pensiero è stato “adesso tocca agli Oasis”. Nessuno ne parla ufficialmente, ma la reunion è nell’aria...
E’ un evento inevitabile su cui bisognerebbe quasi scommettere se William Hill lo quotasse decentemente. Chissà se questa cosa sta nella testa dei due fratelli Gallagher. Sicuramente sta nei piani del loro management che, facendo due conti, potrebbe prospettare un futuro ancora più solido per i due litigiosi fratelli di Manchester, che non avranno certo problemi di soldi, ma di fronte all’ipotesi di sistemare altre quattro generazioni di Gallagher, non si tirerebbero certo indietro.
L’occasione è ghiotta, nel 2014 si celebra il ventennale dall’uscita di Definitely Maybe, l’album d’esordio uscito il 30 agosto del 1994. Perché non approfittarne, mettendo da parte almeno un decennio di screzi e di reciproco disprezzo, culminati nel 2009 nello scazzo prima del concerto parigino finito, come narrano le leggende metropolitane, in un lancio di chitarra di Liam contro l’amato fratello. Cosi a cinque anni di distanza dalla cruenta separazione, gli Oasis potrebbero annunciare la più scontata delle tournèe, per la gioia di quei milioni di fan silenti che hanno vissuto il ritorno dei Blur come la migliore provocazione per favorire il ritorno in scena dei loro antichi rivali. Un fatto è certo, se i due Gallagher non si mettono d’accordo a breve, un ritorno degli Oasis tra cinque o dieci anni, non avrebbe senso, e sarebbe come rivedere insieme i Creedence Clearwater Revival. E’ un fatto oggettivo, una legge naturale, un orologio biologico che vale cosi come per le belle donne anche per quei fenomeni musicali che hanno un ciclo di vita ben definito… o Definitely Maybe…
(f.b.)
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Istruzioni per l'Uso
18/09/2013 12.07.55
Attenzione! Attenzione! Gira su internet un nutrito gruppo di testardi appassionati che si ostina a scrivere e raccontare quello che è e quello che potrebbe essere la “buona cosa” in grado di soddisfare le migliaia di palati esigenti che si nutrono come cavallette semplicemente di musica. E’ un fenomeno inspiegabile, sicuramente in perdita perché non c’è controvalore sufficiente a giustificare la testardaggine sempre del solito nutrito gruppi di testardi che finito un concerto si mette al pc per distillare il buono o il cattivo, l’estasi e la delusione, la sorpresa e la nostalgia che rimangono dopo l’ennesima abbuffata di musica. C’è quello che si mette al lato o sotto il palco per cogliere ogni possibile sfumatura e c’è chi si infila nel camerino della rockstar di turno, c’è chi si sbobba decine di nuove uscite dei cosiddetti emergenti e c’è chi sminuzza l’ultima uscita cinematografica. Ci sono poi gli accrediti, la caccia al non pettegolezzo e l’occhio sempre puntato sui nuovi tour di quelli che avremmo sempre voluto vedere. Alla fine scopri dopo dieci anni, che la somma di tutto questo è una immensa raccolta originale di articoli, interviste, monografie e recensioni che adesso sono alla portata dei vecchi affezionati e di quelli che quasi per caso scopriranno che nell'iperspazio del web c’è un fenomeno chiamato Extra! Music Magazine. Adesso è più facile e magari più bello navigarci, grazie al nutrito gruppo di testardi!
(f.b.)
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