Saprete (e, spero per voi, abbiate letto) che ogni volta che ne ho l'occasione parlo della Sicilia "in musica", di quella raccontata dalle canzoni e nelle canzoni.
D'altro canto è il mio mestiere, e se è vero che i cantautori raccontano storie, beh, io credo di poter dire che racconto le storie delle storie, ecco…
Comunque, dicevo che della Sicilia ne ho sempre parlato in maniera idealizzata, limitandomi ad una resa, appunto, "ideale" tramite certe canzoni.
Non ho mai raccontato, però, della Sicilia "vera", geografica. Ed, in verità, avendo avuto come predecessori Camilleri, Brancati, Sciascia e Bufalino- giusto per citare i primi quattro che mi vengono in testa- forse è meglio così.
Il nocciolo della questione è molto semplice, comunque. Esistono due Sicilie, una è quella fatta di verde, di quella brezza leggera che fa assaporare meglio le estati. Dell'altra invece parlerò nel prossimo articolo, vuoi perché so' stronzo, vuoi perché comunque devo creare un certo hype attorno a quello che scrivo.
Ma, giusto per pura volontà di dilungarmi in scomposizioni filosofiche (??), ci sono anche vari tipi di verde. Per esempio, io di solito scrivo in un verde sbiadito, di contorno, sfumato non per scelta artistica, ma per indifferenza, freddezza del pubblico direi se fossi su un palco. Capite bene che basta poco a causare uno squarcio nel mio cielo di carta, fatto di continua, ripetitiva ed assonnata provincia, nella sua accezione peggiore.
Oddio, poco… diciamo giusto qualche chilometro, ecco. Chilometro che, essendo spesso ancora fermi al modello Flinstones, assume un livello di difficoltà pari all'attraversamento del Mar Rosso senza raccomandazione.
Ad ogni modo, lo spostamento dal mio habitat scrittorio naturale era troppo ghiotto per non farmi mettere a scrivere nonostante l'ora proibitiva ed un viaggio della speranza sulle spalle.
Viaggio della speranza che mi ha portato ad Isnello, tutt'altro verde rispetto a quello a cui sono abituato. Verde profondo (non solo nel senso fisico del termine), denso, fresco, altissimo (vedi il fra parentesi precedente) e coltivato (rivedi il fra parentesi eccetera eccetera).
Per una serie di circostanze di cui non racconto, ma dico solo che Arthur Miller, se le avesse conosciute, avrebbe inteso "Morte di un commesso viaggiatore" in maniera molto più letterale, mi trovo a scrivere, come dicevo, da Isnello, da una camera da letto assolutamente abusiva e di fortuna ricavata dalla sala mixer dello studio di registrazione dei Vorianova, fra le eccellenze musicali del folk siculo.
Tutto abbastanza regolare, come potete vedere. Verrebbe fuori una bella storia da bar, tipo "C'erano Carlo Mercadante e i ragazzi di Isola Tobia a casa dei Vorianova. Poi mi sono imboscato anche io, assunto come controfigura di Paolo Vallesi, e vissero tutti felici e contenti."
Sono vari i motivi che ci hanno fatto trovare tutti in casa dei Vorianova. Loro perché- guarda un po' le coincidenze- ci abitano. Carlo ed i ragazzi della label sono insieme a Chiarablue e Matteo Iarlori, e fanno tappa ad Isnello per una delle date dell'Agricooltour. Io perché mi ha invitato Carlo e sono partito da Palermo, in perfetto stile Brancaleone alle crociate, completamente all'avventura.
Come starete cominciando a capire, il nocciolo della questione è esattamente la data dell'Agricooltour. Ma, non dovendo mai dare nulla per scontato, parto da lontano ed arriverò al succo del discorso fra qualche riga, pazientate ancora un po'.
Come mi sono trovato a dire più volte, nella maggior parte dei casi, scrivo di cose abbastanza distanti dalla "testa delle classifiche", per dirla con uno che conosco, il cui disco appena citato credo sia fra i più importanti e necessari degli ultimi anni di cantautorato serio nostrano. E l'Agricooltour è una di quelle cose con cui vado a nozze: musica suonata e vissuta. È il quinto anno che questo ruralissimo tour musico-gastronomico gira l'Italia. Ed è già di per sé un mezzo miracolo, qualcosa di fantastico. Riuscire a farlo partire anche in quest'anno barzotto, poi, rientra nella sfera del soprannaturale anche per me che non ci credo.
Il bello dell'Agricooltour, oltre a far scoprire ad un po' di gente artisti incredibili e luoghi stupendi, è che è una palestra d'attenzione: se vieni a sentire il concerto, fai quello e basta, che è, visti i tempi che corrono, una cosa affatto scontata. Chiaro che chi spinge l'acceleratore su questo aspetto si ritrova ad essere mosca bianca, e già per quello va incentivato.
Se poi la proposta artistica che arriva incontra un livello altissimo- faccio un paio di nomi degli scorsi tour, Liana Marino e Francesca Incudine- capite bene che l'alchimia che si crea è perfetta.
Perché il giochino dell'arte è anche, in potenza, abbastanza semplice e lineare. E l'esempio, anche qui, è lampante: Davide Bowie è stato, probabilmente, il più grande di tutti perché, pur avendo dalla sua una evidente genialità musicale, l'ha accompagnata con una immagine personale avveniristica e potente, nonostante non ne avesse bisogno e sarebbe bastata già la sua musica. E quella lì è arte. Achille Lauro- non me ne voglia- essendo decisamente carente in quanto ad inventiva musicale, si trova costretto a virare solo sul versante di una "provocazione" che altro non è che il concretizzarsi della "locura" di cui parlavano i finti sceneggiatori di Boris.
Poi ci sono quegli artisti che hanno una identità talmente forte da riuscire a riempire un palco anche stando praticamente fermi.
Non so se si possa definire "attitude"- Carlo dovrebbe saperne di più in merito- sicuramente si può definire "classe". Riuscire a calamitare l'attenzione di un pubblico che non ti conosce, riuscire a farlo in punta di piedi, raccontando e raccontandosi, è classe infinita, non saprei definirla diversamente.
Chiarablue c'è riuscita alla grandissima. Ed ha fatto ancora di più: è riuscita a farci vibrare, è riuscita perfino a diventare più grande della montagna che aveva dietro, panorama mozzafiato di un posto bellissimo come l'Azienda delle sorelle Lo Re.
Un'ora e mezza di concerto, con un finale illuminato dalla sola luce della luna, in un'atmosfera quasi sospesa, un non- tempo magico ed irripetibile.
Chiarablue l'ho conosciuta con "Dinosauri", che è il pezzo che trovate in streaming. E me ne sono innamorato praticamente a primo ascolto. C'è eleganza in tutto, in quel pezzo, nella voce, nella scrittura, nell'interpretazione, negli archi, nella chitarra, nel contrabbasso, in quella bossa così fluttuante. Insomma, una perla di bellezza.
Il discorso è analogo sentendo anche gli altri pezzi, quelli che andranno, probabilmente, sul suo primo album. C'è una capacità di scrittura incredibile, soprattutto se si considera il fatto che si muove su tematiche molto difficili da scrivere bene, ma proprio da un punto di vista formale. Cantare l'amore è qualcosa che mette di fronte ad un consistente rischio banalitá. Qua invece no, c'è dentro tutta l'urgenza di quel canto, la nostalgia, l'incomunicabilità, il rimpianto, il senso di liberazione da una relazione tossica, tutto condito da una scrittura raffinata e poetica.
Oltre ai suoi pezzi (mi va di citare, vista la vicinanza della ricorrenza, "2 Agosto", che mi ha molto emozionat), sono degnissime di nota anche le cover, fra tutte una "Historia de un amor" che potrebbe tranquillamente essere utilizzata come studio per capire come interpretare un pezzo, ed una "Cuccuruccucù paloma" (- "Ah, chissa bella è! A' canusciu! (accenna al pezzo di Battiato)" -"Tani' chiddu è Franco Battiato, non è chissa 'ddocu" -"Mi cunfunnivu" * dialogo marito- moglie realmente sentito qualche fila indietro*) cantata con una tale perfezione vocale da caricare ancora di più il pezzo di toni drammatici. Tutto accompagnato dalla chitarra di Matteo Iarloro, bravissimo e perfetto nel mixare le parti ritmiche con quelle soliste.
Per descrivere il post concerto ci vorrebbero almeno altri due articoli, quindi me lo tengo per me, ma sicuramente troverete qualche "nanetto", come diceva un mio geniale conterraneo, sparso qua e là negli articoli futuri.
Per cui la chiusura non può essere altro se non un invito ad andare a vedere le prossime date dell'Agricooltour. Fatevelo come regalo personale, ne vale la pena. Tornerete per un po' ad essere comunità, ed è una cosa di cui c'è un disperato bisogno. Incontrerete persone fantastiche ed ascolterete Chiablue e Matteo Iarlori che, se non si fosse capito, sono due artisti incredibili.
Se non lo volete fare per voi, fatelo almeno per loro, ed un po' anche per me che scrivo. Incentivate la musica viva, quella vera, quella delle emozioni che ti prendono a cazzotti, che di quello c'è bisogno.
Aiutateci a (r)esistere.
Articolo del
03/08/2020 -
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