Dalla scena italiana alla Londra del nu soul, fino all'influenza della world music. Il tutto in un patinato ricamo digitale. Eccola Isabella Privitera, eccola nel progetto iZA&TheVisions che giunge a pubblicare il suo nuovo EP dal titolo “Vol. II” dentro cui penso si respiri un concetto alto ed elegantissimo di fusion… l’urgenza di stilemi classici mitigata da modi nuovi di un futuro che sta arrivando.
Quante facce dentro un piccolo EP. HipHop - Trap - pop - fusion - jazz... manca qualcosa? Direi che le hai dette tutte! A pensarci più che un EP il nostro è un manifesto d'amore per la musica in tutte le sue forme. Avendo poi 5 brani a disposizione, abbiamo voluto divertirci saltellando da un genere all'altro e provando a unire quelli che più amiamo.
Parliamo di contaminazione allora: che cosa pensi di star raccogliendo dalla scena italiana e da quella del resto del mondo? Dalla scena italiana direi il modo di narrare storie e raccontare pensieri, situazioni, emozioni. L'italiano è una lingua con un vocabolario molto ricco, che permette di fare lunghi discorsi, di spiegarsi bene, di giocare con le parole. Da qui credo la bellezza del rap/pop nostrano, a cui ci siamo avvicinati. Io lo faccio nel modo in cui lo so fare: non sono una rapper ma una cantante. Però mi piace comunicare quando canto, dire cose che direi anche in una conversazione fuori dal palco. Sicuramente abbiamo poi preso tanto di Londra, dal nu soul londinese. Noi siamo tutti grandi fan di Yussef Dayes, Ezra Collective..ma anche dell'Australia degli Hiatus Kaiyote, dove ho vissuto un anno nel 2014. Poi i miei ultimi 4 anni a Barcellona hanno influito indirettamente nella ricerca sonora.
Il Jazz come punto di partenza: cosa ti ha spinto ad iniziare da li? Che poi, a parte "Lately", non sento altri sfacciati richiami di Jazz nella scrittura... ti serviva altro? Sia io che i musicisti che mi accompagnano studiamo/abbiamo studiato al conservatorio, e abbiamo imparato a vedere la musica attraverso le lenti del jazz. Per me è un approccio alla composizione molto bello. Anche se non scrivo brani propriamente jazz, cerco di "macchiare" le cose che faccio con voicings interessanti o progressioni armoniche che lo richiamano. Nella scrittura delle melodie poi l'improvvisazione vocale è chiave. Diciamo che è un punto di partenza che ci accompagna nel cammino. Forse i brani che più lo richiamano sono Skit e On a Sunny day, dove i musicisti hanno avuto più libertà di esprimersi in modo "free".
Uno studio iconico come quello della Fonoprint... eppure un suono del genere lo avrei imaginato crescere anche dentro situazioni decisamente più underground. Come hai scelto questo luogo e perché? Ragioni tecniche artistiche o semplicemente altro? La qualità della musica registrata a Fonoprint è davvero alta, e credo che la maggior parte dei musicisti emiliano-romagnoli sogni di poter lavorare con loro almeno una volta. E' vero che spesso ci muoviamo in ambienti più underground, ma per noi è molto importante curare la qualità sonora del lavoro che facciamo. Inoltre avevamo a disposizione solo una giornata per registrare, e quindi abbiamo scelto un luogo che conoscevamo già e sulla cui qualità non avevamo dubbi. Pensa che ci siamo trovati così bene che abbiamo chiesto a Pietro Giolito, il fonico che ci ha registrato, di curare anche i mix.
Il resto del mondo? Al mio orecchio sembra che questi brani potrebbero benissimo accogliere anche tantissime soluzioni di arrangiamento world... e in fondo la tradizione popolare è una delle tue radici se non erro. Hai mai pensato di prendere sfacciatamente questa direzione? Hai toccato un tasto importante, io sono anche antropologa di formazione, e nel tempo libero amo sperimentare con la voce e cantare flamenco, tammurriata, musica carnatica...non conosco però a fondo nessuna di queste culture musicali. Per evitare di fare macchiette scadenti dovrei prima approfondire molto di più, e siamo ancora siamo work in progress. Anche perché sono tutti generi complessi e che meritano rispetto, dedizione e anima. Per ora continuiamo a fare quello che ci viene più spontaneo e che conosciamo più a fondo.
L'elettronica: che rapporto hai con questo linguaggio e in che modo farà parte di te nel futuro? L'elettronica è un mondo che ancora non abbiamo esplorato molto, ma che ci chiama con voce suadente. Ci piacerebbe provare, in una prospettiva futura, magari per portare i nostri brani in una formazione più piccola, visto che ora siamo in sei.
Tra questi primi due EP c'è la strada del disco? Li riunirai con qualche inedito a corredo? Per ora non ci abbiamo pensato. Devo ammettere però che preferirei fare un disco nuovo, con tutti brani inediti. Amo tutte le canzoni che abbiamo pubblicato, ma ho anche tanta voglia di non fermarmi e andare avanti. Magari sarebbe bello ri-registrarne alcune cambiando qualche arrangiamento, adattandole alla nostra crescita sia come musiciste che come persone.
Articolo del
30/01/2025 -
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