Fra me ed Annagrazia, si sarà capito, quello veramente polemico sono io. Anche quando non vorrei: “io non sono cattivo, è che mi disegnano così”, parafrasando Jessica Rabbit. E’ che ogni tanto me la servono su un piatto d’argento. Ma siccome oggi sono buono (anche se dai voti non si direbbe), il pippone sarà breve, e si concluderà, marzullianamente, con qualche domanda: cosa si è fumata la giuria demoscopica? Per sceglierla hanno usato il metodo Renè Ferretti (“A cazzo di cane”, ndr)? E, last but not least, sono più false delle banconote da tre euro o le percentuali della gara dei giovani? Ai posteri l’ardua sentenza
Adesso possiamo cominciare.
Gabriella Martinelli e Lula, “Il gigante d’acciaio” : due cantautrici e musiciste. “Non possiamo scegliere se vivere o lavorare / se scappare o morire”: il testo lascia poco all’immaginazione, è una denuncia contro i danni causati dallo stabilimento Ilva e, da pugliese, mi colpisce particolarmente. Rock puro, anche nel look. Lucrezia Barker Di Fiandra, alla batteria, ha grinta da vendere, scrive e rappa molto bene; Gabriella Martinelli sfodera una canna da far invidia. Grande tenuta del palco, si percepisce l’amicizia e la rabbia che le accomuna. All’Ariston arriva un messaggio politico e coraggioso che, ovviamente, viene eliminato. Voto: 8.5 GP: Il testo c’è, ed è il migliore fra quelli dei giovani. La voce c’è, ed è una cannonata, perfetta, incazzata e riconoscibile. La musica c’è, ruvida, esplosiva e potente. L’interpretazione c’è pure, sentita e teatrale al punto giusto. Purtroppo c’è anche la giuria demoscopica, che evidentemente è troppo impegnata a fare i bocchini a Leo Gassman per capire qualcosa di musica. Sono abituato a chiamare le cose col loro nome, e per me non è una eliminazione. E’ un furto. Voto: 10
Fasma, “Per sentirmi vivo” AS: Tiberio Faziolirappa, ma lo fa urlando troppo e abusando dell’autotune, che non ha senso, poiché non è usato come un effetto stilistico. La musica è ritmata, entra subito in testa, mi è piaciuto il contrasto la batteria e il pianoforte. Il testo non dice nulla di nuovo. Voto: 5.5 GP: Si vanta di usare l’autotune perché non sa cantare. Qualcuno potrebbe anche sorridere, per me è semplicemente uno stronzo. Poche idee, anche abbastanza confuse. Peccato, la musica era anche interessante, ma il testo l’ha ripetutamente presa a cazzotti. Voto 0.
Marco Sentieri, “Billy Blu” AS: Marco Sentieri ti sputa in faccia una storia. Rappa, racconta il bullismo con fare teatrale, ma senza retorica, sul palco è molto sicuro. La musica è interessante, resta sullo sfondo per dare risalto al peso alle parole . Il testo è significativo e comprensibile: “E finalmente hai vomitato i fantasmi dell’infanzia” è il verso che mi ha più colpito. Look stravagante, ma elegante. Passaggio al prossimo turno meritato. Voto: 8 GP: Il meno peggio fra i giovani rimasti. Figuratevi cosa sono gli altri. In potenza sarebbe anche interessante, in atto diventa una sorta di “wannabe Faletti”. Ma anche no. Voto 5.
Matteo Faustini, “Nel bene e nel male” AS: canzone sanremese, nella musica e nel testo. Matteo Faustini ha una bella voce, che non sempre riesce a controllare, ma, sul palco, risulta anonimo. Il testo mi lascia perplessa, soprattutto quel “Ma non cerco vendetta perché è come un dolce senza cioccolato”, prevedibile. Ancora immaturo. Voto: 5 GP: Testo inutile. Musica inutile. Tutto inutile. Almeno è simpatico. Voto 2
Piero Pelù, “Gigante” AS; la prima volta all’Ariston da quasi 58enne, per festeggiare 40 anni di carriera, con un brano dedicato al nipotino. Piero Pelù si definisce un nonno rock and roll, porta in gara una dedica alla vita, ispirata dai ragazzi del carcere napoletano di Nisida. È sempre lui, nel look total black attillato, nell’asta con la pelliccia, nella gestualità e nell’uso della voce. Mi aspettavo molto di più dal testo. Musica coinvolgente, energica, orecchiabile. Bravo nel tentare di smuovere l’Ariston, scendendo tra il pubblico. Voto: 7 GP: Pelù è uno che il mestiere lo sa fare, ed infatti sta sul palco in maniera perfetta, abbinando una bella grinta alla sua arcinota carica rock. Ma non c’era certo bisogno di me, per sapere ‘ste cose. Il pezzo offre qualche spunto musicale interessante, ed ha il merito di svegliare l’Ariston. Come per Irene Grandi, l’asino casca sul testo, un po’ un grosso “nì”. Tutto sommato, in linea con le ultime produzioni del ragazzaccio rock. Voto: 6.5
Elettra Lamborghini, “Musica (e il resto scompare)” AS: Il testo? Avessi almeno capito cosa diceva. Elettra Lamborghini fallisce nel tentativo di imitare la tutina di Achille Lauro. Si affida ai ritmi spagnoleggianti, da flamenco, e africani, che rendono la canzone martellante. Sicuramente diventerà un tormentone. Per finire, porta all’Ariston una delle sue cifre distintive: il twerk. Voto: 4 GP: Onestamente non so cosa dire. Mi dispiace solo per l’orchestra, che già è sfruttata da un punto di vista economico, poi deve anche suonare queste cose. Li abbraccio fortissimo. Il coro che inizia “cantanto” “Elettra Elettra Lamborghini” momento cringe della serata. Il pezzo non ha nulla, né un testo né una musica degna di alcun commento: è scomparso tutto, musica compresa. Voto: 0- (il meno è per chi l’ha portata lì. Ed è puro disprezzo)
Enrico Nigiotti, “Baciami adesso” AS: all’inizio, ho percepito dei problemi tecnici che hanno reso non del tutto comprensibile l’esibizione. Enrico Nigiotti si è ripreso, ma il testo, rispetto alla Nonno Hollywood dell’anno scorso (più emozionante e convincente) è troppo semplice. Il risultato è più orecchiabile e meno intenso. Enrico si conferma un bravo musicista e fa la sua sporca figura sul palco. Voto: 6.5 GP: Lo scorso anno, devo dire, mi aveva quasi emozionato. Quest’anno niente. A parte i problemi di microfono, che lo hanno fatto diventare crescente all’inizio, del pezzo non rimane davvero nulla: testo già melensamente sentito e musica banale. Mezzo punto in più per l’assolo di chitarra, non straordinario, ma è comunque la cosa migliore del pezzo. Voto 4.5
Levante, “Tikibombom” AS: una creatura graziosa, di classe, ma, al tempo stesso, potente ed energica. Una donna contemporanea che dà voce agli ultimi, parla della discriminazione di genere e scrive un testo che è una lettera, una preghiera dedicata agli esclusi. Non è il migliore della sua carriera, ma credo il più bello tra quelli in gara. La musica porta il marchio di fabbrica di Levante, è coinvolgente. Visibilmente emozionata, Claudia Lagona conserva la sua carica di sensualità e la sua delicatezza. Voce, testo, musica, presenza sul palco, look (poteva osare di più), non le manca nulla. Voto: 8.5 GP: Gran pezzo, ritmica interessantissima ed inaspettata. Testo importante, uno dei migliori del Festival, e lei lo interpreta decisamente bene. Vocalmente quasi perfetta, scenicamente una delle meglio presenti. Gradita conferma, tanta roba. Voto 8
Pinguini Tattici Nucleari, “Ringo Starr” AS: il leader della band, Riccardo Zanotti, scrive testo e musica, amalgamandosi bene con gli altri membri. I PTN sono coinvolgenti, orecchiabili, mi ricordano un po’ Lo Stato Sociale, un po’ Elio e le Storie Tese. Sono seri ma non si prendono sul serio, anche nel look. Sul palco cantano, si muovono e suonano molto bene. La canzone è un omaggio al componente più riservato (e “sfigato”) dei Beatles. Mi sarei aspettata qualcosina di più dal testo. Voto: 8 GP: Sembra che “abitino” al Festival da sempre. Presenza scenica perfetta, totalmente a loro agio. Testo un po’ così, praticamente un omaggio all’essere “sfigati”, ma nel complesso carino. La dinamica del pezzo è interessantissima e non troppo prevedibile. Ci voleva un po’ di essenza scanzonata, era quello che mancava. Bravi. Voto 7.5
Tosca, “Ho amato tutto” AS: ha la maturità giusta per cantare un testo così profondo, bello. Mi ha ricordato Mia Martini nel graffiato e Fiorella Mannoia nell’atteggiamento. Tiziana Tosca Donati è potente ma soave, crea pathos. Ha portato sul palco un’esecuzione impeccabile, elegante e minimal nel suo look maschile. Certo, resta sempre classica, ma torna all’Ariston in grande stile. Voto: 8 GP: Perfetta in tutto. Vocalmente, testualmente, interpretativamente, musicalmente. E di una eleganza praticamente infinita. Signori, in piedi, per favore. Voto 9
Francesco Gabbani, “Viceversa” AS: molto diversa rispetto alla hit Occidentali’s Karma, più profonda. Il brano è scritto bene, usa le parole giuste. Francesco Gabbani, questa volta, racconta una storia d’amore, senza inutili sviolinate, e l’importanza della condivisione. Ha un grande controllo vocale e una bella tenuta del palco. È elegante (ma si concede il vezzo del calzino rosso) ed emozionale. Molto equilibrato. Voto: 7 GP:Finalmente si è smascherato! Niente più finto impegno sociale e spazio ai sentimenti. Il testo è interessante, e non troppo banale, e si muove bene su una musica dalle dinamiche interessanti. Molto bella la schitarrata sul bridge, che in realtà, non fosse stato per quello, sarebbe rimasto piuttosto piatto. Voto 7.5
Paolo Jannacci, “Voglio parlarti adesso” AS: esempio di canzone sanremese. Il testo un po’ ripetitivo, ma interessante. Paolo Jannacci è un interprete di gran classe, bravissimo vocalmente e semplice nella sua essenza. A tratti sembra di rivedere Enzo: sono entrambi eleganti, spiritosi, anche se al figlio manca la genialità del padre. Un po’ troppo piatto. Voto: 5.5. GP: Sinceramente mi aspettavo più swing, anche dopo il bell’album dello scorso anno. Ma in fin dei conti va bene così. Piazza la zampata, con un pezzo delicato e rassicurante. Vocalmente non sempre perfetto, ma mi verrebbe da dire che è nei geni di famiglia. Interpretazione, invece, perfetta. Quando lo ascolto penso ad Enzo e mi vengono i brividi. Bravo, promosso. Voto 6+ (il più è anche per quel sorriso, malinconico ma pieno di vita, che si ritrova. E che gli invidio un sacco)
Rancore, “Eden” AS: Tarek Iurcich si conferma un grande autore, presentando il testo più impegnato del Festival. Parla dell’attentato alle Torri Gemelle, di immigrazione, di indecisione, di scelte. È impeccabile nel rap e nella tenuta del palco, simula la morte sul palco. Il contributo di Dardust si sente, è interessante e dona al brano un’inaspettata orecchiabilità. Un filino sottotono, ma forse è solo una mia impressione. Voto: 7.5 GP: Una sequenza armonica spettacolare, un ritornello che si pianta in testa, un testo che è una bomba pronta ad esplodere. Dardust ci mette la firma e, dopo gli applausi di Soldi ed i grilletti di Barrio, tira fuori i colpi di pistola ed il “ta- ta- ta” del ritornello. Un capolavoro, interpretato alla grande da un Rancore enorme, che in un mondo giusto si giocherebbe la vittoria. Voto 9
Junior Cally, “No grazie” AS: Antonio Signore si presenta sul palco senza maschera, sulla scia di una serie di polemiche. Ammetto che non lo conoscevo, ma, musicalmente, No grazie, mi è sembrato il brano più interessante della serata: rock, energico, elettronico. Il testo è diretto, una critica, senza giri di parole, al populismo, all’ipocrisia, alla finzione. È anche la presenza maschile più interessante dal punto di vista del look, volutamente in contrasto con il contenuto del brano. Voto: 7 GP: “Con la resistenza alla dittatura del politicamente corretto” mi ha definitivamente conquistato. Fa parte di un testo diretto al punto giusto. Attenzione, niente di scandaloso, ma quantomeno non banale. Un bel rock spigoloso e trascinante al punto giusto, che si apre con un bel vibrato di elettrica. C’è un po’ di Salmo, come già per Anastasio. E non guasta. Ci mette letteralmente la faccia, che male non fa. Voto 8
Giordana Angi, “Come mia madre” AS: Giordana Angi ha un timbro abbastanza riconoscibile, è fragile e forte allo stesso tempo. È stata piuttosto elegante e sicura, per essere al suo esordio, anche se, nel 2012, era già salita sul palco dell’Ariston, tra i Giovani. Nello stare sul palco, ricorda, per un millesimo di secondo, la grande Mia Martini. Il brano è una ballata romantica, una dedica al rapporto unico madre-figlia e all’amore in generale, il testo è semplice. Nulla di nuovo. Voto: 6 GP: Testo abbastanza scontato. Musica abbastanza scontata. Lei stecca varie volte. Non ci siamo. Voto 2
Michele Zarrillo, “Nell’estasi o nel fango” AS: è stato scongelato per partecipare, per la tredicesima volta, al Festival. Michele Zarrillo, però, sorprende: è meno ingessato e vecchio del solito. Ha preso qualche stonatura qua e là, ma il brano è molto difficile da cantare. La sua canzone si distacca dal classico brano che si porta a Sanremo, mischia di versi generi e si evolve nella struttura. Il testo non è banale, parla del malessere dell’uomo che vuole ritrovarsi, come ammesso dallo stesso Zarrillo. Diverso dal solito. Voto: 6.5 GP: Caspita. Gran pezzo, che strizza l’occhio al prog ed all’elettronica. Mi aspettavo tutt’altro, sono positivamente stupito. Testo interessante ed, anche qui, inaspettato. Qualche piccola stonatura, ma nel complesso regge bene. Voto 6.5
Articolo del
06/02/2020 -
©2002 - 2024 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|