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Blondie
Against The Odds 1974-1982
Universal
di
Fabrizio Biffi
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Molto atteso dopo l’annuncio della sua uscita, è arrivato il primo cofanetto originale della band di Debbie Harry: Blondie: Against The Odds 1974-1982. Un’opera omnia della tanto amata band newyorchese che contiene 124 tracce – tra cui 36 versioni inedite – e due volumi di note, appunti, commenti traccia per traccia, illustrazioni e numerose fotografie non pubblicate. Tutti i brani sono stati rimasterizzati dai nastri originali: il box contiene i primi sei dischi (Blondie, Plastic Letters, Parallel Lines, Eat To The Beat, Autoamerican e The Hunter). In uno dei due volumi di note sono presenti inoltre il racconto in dettaglio della storia del gruppo di Erin Osmon, assieme a saggi scritti dai produttori Richard Gottehrer e Mike Chapman. Un’occasione preziosa per riassaporare la freschezza e la genialità di un gruppo inimitabile.
Ad aprire questo vero e proprio album di bei ricordi c’è la demo del 1974 di “Once I Had a Love”, la canzone che sarebbe poi diventata Heart of Glass. Solo nell'inverno del 1978, i Blondie pubblicarono "Heart of Glass", che sarebbe diventato il primo singolo numero uno della band negli Stati Uniti e, sebbene la band fosse incardinata nel movimento punk degli anni '70, quel loro singolo era una canzone di un genere diverso, identificato nel suo decennio come un pezzo disco.
Proprio a causa delle loro radici punk, l'incursione dei Blondie in discoteca fu oggetto di polemiche e critiche per quella che al tempo era considerata una astuta mossa commerciale per ottenere un pubblico più ampio, più o meno allo stesso modo in cui sarebbero stati accusati altri gruppi mainstream che strizzavano l’occhio al mercato.
Ma il successo – e la brillantezza – di “Heart of Glass” è la cifra perfetta dei Blondie, la band. Rappresenta perfettamente la loro lunga tesi: volevano essere commerciali e punk allo stesso tempo.
Con Heart of Glass i Blondie si sono sincronizzati su loro presente, così come riuscirono a fare con l’album Eat to the Beat (1979).
Gli ultimi due album inclusi nel box, Autoamerican e The Hunter (1982), sono quelli in cui il gruppo aveva purtroppo mollato la presa creativa. Ma l’ultimo dischetto del box, con varie curiosità pescate dagli archivi, è ancora pieno di cose interessanti, fra cui una cover pulsante e lo-fi di “Ring of Fire” di Johnny Cash che ricorda molto da vicino i Gun Club. Finale con il botto con tre versioni synth di “Heart of Glass”, “War Child” e “Call Me” (niente voce e batteria, solo suoni sintetici). In perfetto stile Blondie
Articolo del
04/10/2022 -
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