Tra ristampe gonfiate all’inverosimile, raschi di barile indecorosi e ricorrenze ridicole (edizioni deluxe per il decimo/quindicesimo/ventesimo/ecc. anniversario dell’uscita di un album), si corre il rischio di non dare il dovuto rilievo ad artisti con la “a” maiuscola un po’ nell’ombra come Billy Bragg, che da decenni navigano le acque perigliose del mercato discografico.
Sono passati quasi quarant’anni dall’esordio del musicista di Barking, ma sul piano musicale lui non sembra dare segni di cedimento. L’atteggiamento barricadero è, saggiamente, un ricordo del passato, ma non si è mai affievolita la sua volontà di riflettere su fenomeni e condizioni di vita della nostra società, e di formulare osservazioni ora ironiche, ora sferzanti, talvolta toccanti, sulle questioni politiche o sui rapporti interpersonali.
Col passare degli anni, alla lucidità di Bragg si è aggiunta, in alcune occasioni, una pacatezza che, senza rendere meno incisivi i messaggi da comunicare, mette ulteriormente in risalto il calore umano e la partecipazione emotiva che ne animano le canzoni.
“The Million Things That Never Happened” è un’opera soffusa di malinconia, spesso trasmessa dalle atmosfere dei pezzi, oltre che dai testi. Le ballate “Lonesome Ocean”, quasi una rivisitazione di “The Dolphins” di Fred Neil(peraltro, già interpretata da Bragg), “Reflections on the Mirth of Creativity”, “The Million Things That Never Happened” (che pare un tradizionale folk con echi di “Greensleeves”), “Pass It On” e “I Will Be Your Shield” mostrano il lato più vulnerabile dell’artista.
Eppure, l’invito è non farsi prendere dallo scoramento; acquisire ancora una volta coscienza delle storture del mondo, ma coglierne pure gli aspetti positivi che fanno ritrovare il sorriso; continuare a confrontarsi su temi e idee, nonostante le disparità di vedute; valorizzare e rinsaldare l’unità e i rapporti di fronte a una realtà sempre più complessa. E poi, la perla di saggezza espressa in “Pass It On”: tramandare ricordi e valori. Bragg sembra davvero cominciare a fare un bilancio della propria esistenza; al tempo stesso, la sfera personale si apre e abbraccia quella universale.
Non mancano momenti più briosi: omaggi manifesti al Bob Dylan di “Like a Rolling Stone” (“Mid-Century Modern”) e “The Times They Are a'Changing” (“Good Days and Bad Days”), all’Iggy Pop di “The Passenger” (“Ten Mysterious Photos That Can’t Be Explained”, con citazione di G. Orwell), e alle sonorità dell’album di Neil Young “Harvest” (“Should Have Seen It Coming”).
Da citare anche il country di “Freedom Doesn’t Come for Free” e la più tranquilla “The Buck Doesn’t Stop Here No More”, che senza usare i toni dell’invettiva ci riportano al Bragg più attento ai processi sociali (nel disco, giudizi impietosi sono riservati all’America traditrice dei suoi princìpi fondatori, e alla schiera di complottisti, negazionisti e compagnia bella che imperversano ai nostri giorni).
The Million Things That Never Happened è, insomma, non solo “un altro” album di Billy Bragg. I brani che lo compongono attestano lo stato di grazia di un musicista che continua ad evolversi seguendo un percorso di straordinaria e rigorosa coerenza. Un artista sempre più in grado di farci riflettere, di farci rallegrare e di toccarci il cuore
Articolo del
19/01/2022 -
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