Nuovo disco per Stephan Micus, noto musicista e sperimentatore tedesco, impegnato da tanti anni alla ricerca e allo sviluppo di muove sonorità.
L’album si intitola “Winter’s End” e costituisce la sua ventiquattresima incisione per la ECM. Dodici tracce che contengono sonorità, ambientazioni ed incanti che provengono da tutto il mondo. Suoni arcaici, strumenti tradizionali, spesso antichi che lui studia, sui quali lavora, che talvolta modifica fino ad ottenere un suono unico e inimitabile, che rispecchia la sua personalità, la sua anima. Il termine “world music”, molto spesso usato per definire la sua musica, è forse riduttivo per descrivere quella che è la sua musica, che nasce dalla meditazione, dalla contemplazione e dall’ascolto.
Un viaggio musicale articolato e complesso che diventa anche un percorso spirituale, vissuto intimamente. Composizioni come “Walking In The Snow” e “Walking In The Sand” ribadiscono quello che è sempre stato il punto di partenza di Stephan Micus: abbandonare il sentiero conosciuto per cercarne uno nuovo, anche se più arduo, più difficile. Molto belle anche “The Longing Of The Migrant Birds”, con quella base percussiva sulla quale si innesta una sezione vocale da brividi, e “Black Mother”, un brano molto evocativo e sofferto. Su “Winter’s End”, come in altri suoi lavori, Micus utilizza la registrazione multipista che comporta esiti sorprendenti per chi ascolta e dà un senso di coralità all’intero album. Micus introduce anche due nuovi strumenti : il “chikulo”, uno xilofono basso che viene dal Mozambico e che si basa su una struttura in legno con soli quattro tasti collegati con il ventre di una zucca che funziona da risonatore, e la “tongue drum” , uno strumento tipico dell’Africa Centrale, dove lingue animali di origine varia vengono sistemate all’interno di una scatola di legno e fatte risuonare tramite un martello.
Micus ripropone inoltre la “kalimba”, altro strumento percussivo, proveniente dalla Tanzania, il “sinding”, una sorta di arpa gambiana, il “nay”, un antico flauto egiziano, il “nohkan”, flauto originario di Kyoto, in Giappone, il “suling” un flauto balinese , il “sattar”, un liuto tradizionale proveniente dalla Cina Occidentale, i cimbali tibetani, il “charango” peruviano e una chitarra a dodici corde oltre, naturalmente, alla sua voce, presente sotto forma di traccia multipla, in modo tale da creare quei cori ancestrali ai quali ricorre in diversi brani. “Winter’s end” è un album suggestivo, a metà strada fra la musica classica e la musica etnica. In realtà abbiamo a che fare con una musica senza tempo, densa di suggestioni arcaiche ma quanto mai sperimentale e moderna.
Ascoltare un album di Micus apre la mente e consola il cuore. Questo disco non fa eccezione.
Articolo del
20/09/2021 -
©2002 - 2024 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|