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Sigur Rós
Odin’s Raven Magic
2020
Krunk/Warner Classics
di
Silvia Cinti
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Attraverso tre decenni la band islandese Sigur Rós si è affermata ed è diventata tra le realtà musicali più influenti al mondo.
Si può affermare con certezza che il percorso artistico del progetto capitanato dall’eclettico leader Jón Þor Birgisson, il nome d’arte è Jónsi, è inimitabile e unico. Dopo una lunga pausa sembra che dalla terra dei ghiacci siano finalmente giunte novità. Il recente album “Odin’s Raven Magic” (Krunk/Warner Classics) pubblicato il 4 dicembre è un lavoro orchestrale che il gruppo formato da Jónsi, Goggi, Kjarri e Orri aveva precedentemente presentato dal vivo il 24 maggio al Reykjavik Arts Festival nel 2002.
La performance registrata con la Schola Cantorum di Reykjavík e L’Orchestre des Laureats du Conservatoire National di Parigi è ispirata in parte ad un’opera letteraria islandese medievale che descrive un banchetto apocalittico. “È una poesia molto visiva, con immagini incentrate sulla caduta e su un mondo che gela da nord a sud. Era un avvertimento apocalittico. Forse la gente del tempo se lo sentiva sulla pelle. Oggi, ovviamente, l’Islanda è coinvolta nelle questioni ambientali che circondano l’energia idroelettrica e la distruzione delle highland.
Siamo di nuovo allertati.” ha raccontato Hilmar Örn Hilmarsson, collaboratore della band nonché sacerdote pagano. Insieme agli interpreti Hilmar Örn Hilmarsson, Steindór Andersen, Páll Guðmundsson e Maria Huld Markan Sigfúsdóttir i Sigur Rós hanno presentato al mondo questo avvincente lavoro lungo e solenne. Gli otto brani sono tutti corposi e il più delle volte sussiste una composizione che si stende su movimenti ariosi, in cui coro e voce solista si innalzano e creano una speciale alchimia come avviene ad esempio in Prologus e Spár eða spakmál.
È molto audace anche il pezzo Dvergmál che sin da subito avvolge l’ascoltatore in un mantello di bellezza. Altri momenti buoni dell’album sono Hvert Stefnir e Stendur Æva, in particolare quest’ultimo componimento culmina con il falsetto ultraterreno di Jónsi, che sfida magnificamente i toni più terrestri del famoso cantante islandese Steindór Andersen. Infine la canzone finale, Dagrenning, è ancora più impressionante, con Andersen affiancato dall’unione delle voci della Schola Cantorum di Reykjavik in un climax davvero potente.
Per coloro che si aspettavano in “Odin’s Raven Magic” un simbolico ritorno dei Sigur Rós potrebbero restare parzialmente delusi perché a differenza delle travolgenti melodie a cui il pubblico era abituato – “Ágætis byrjun” è una pietra preziosa – in questo lavoro la musica dei SR si pone ad un livello secondario. Alla fine sono l’orchestra e il coro ad emergere.
Nell’insieme “Odin’s Raven Magic” si dimostra essere un progetto valido ma resta un po’ oscuro, un po’ nostalgico e malinconico sicuramente imponente ma a tratti soffre la mancanza di vibrazioni emotive e per questo non può essere paragonato a nessuno dei lavori della band di Reykjavík.
Articolo del
12/12/2020 -
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