Nuovo album per i Flying Circus, una band tedesca che comprende musicisti provenienti dalle città di Colonia e di Dusseldorf.
Il gruppo ha già diversi album all’attivo, fra i quali l’eccellente “Starlight Cleaning” del 2016, e adesso ci presenta “1968”, un “concept” davvero ben realizzato, che mette insieme la passionalità dell’Hard Rock e la complessità dei lunghi passaggi armonici del Progressive Rock.
La sintesi sembra azzardata, ma non appena ascolterete le note di composizioni come “Paris”, “New York”, “Prague” e “The Hopes We Had”, vi accorgerete che il discorso è possibile e degno di ascolto. La band è composta da Michael Dorp, alla voce, da Michael Rick, alla chitarra elettrica, da Roger Weitz, al basso, da Ande Roderigo, alla batteria e da Rudiger Blomer, violino e tastiere. Le liriche dei brani si riferiscono a fatti ed eventi accaduti nel 1968, dalla guerra in Vietnam alla questione irlandese, dalle rivolte di piazza ai numerosi assassini politici commessi in quell’anno.
Riconoscerete senz’altro influenze musicali riconducibili a band di fine anni Sessanta o primi Settanta: mi riferisco a gruppi leggendari come Rush, Deep Purple, Pink Floyd, Black Sabbath, King Crimson, Gentle Giant, Yes o Led Zeppelin, ma sorprende in positivo la qualità della produzione musicale e dei singoli musicisti. Molto belli gli interventi massicci del violino, che si innesta accanto a sintetizzatori e tastiere e conferisce ai brani un respiro più ampio, in parallelo con le chitarre. Da segnalare inoltre “Mephis”, una “slow ballad” che mette in risalto le doti vocali di Michael Dorp e l’ottimo “guitar work” di Michael Rick.
Un album che è una vera sorpresa, un disco da ascoltare e da godere fin nei minimi particolari, per quanto è vario e complesso.
Articolo del
03/08/2020 -
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