Fra qualche articolo leggerete di come, personalmente, ho visto questo 2019 come una specie di anno di grazia per la musica italiana.
Accenno ad un solo motivo: finalmente si sta, piano piano, tornando a dare importanza ai testi. C'è la volontà di comunicare qualcosa e di usare la forma canzone come mezzo. La (ri) scoperta dell'importanza del fattore testuale di una canzone passa anche attraverso la (ri) scoperta dei vecchi maestri, dei cantautori o, come direbbe il buon Alessio Lega (che Ascanio Celestini chiama, a ragione, "protettore dei poeti vivi"), dei "cantastorie".
L'operazione fatta con De André e con l'uscita di "Faber Nostrum" si muoveva, pur con tutti i suoi pro ed i suoi contro, in questa direzione. Così come, pur con un approccio diverso, "Note di Viaggio- Cap.1- Venite avanti…", album tributo a Francesco Guccini, che, sotto la produzione di Mauro Pagani e la supervisione dello stesso Maestrone di Pàvana, ha riunito alcuni fra i nomi di punta del panorama musicale italiano. Ma andiamo con ordine:
Ad aprire il disco è "Natale a Pàvana", inedito di Guccini che è in realtà una poesia in pavanese dello stesso, musicata da Pagani. La canzone si snoda fra i ricordi d'infanzia di Guccini e, con la sua atmosfera da cantata intorno ad un camino e le sue armonie folk ci catapulta in un clima di semplicità, di calore umano e di vicinanza. Notevole il bouzouki, che accompagna praticamente tutto il pezzo, così come è splendido anche l'intermezzo di fisarmonica dell'inciso. Nella voce di Guccini si sente la stanchezza dell'età, che, tuttavia, risulta un valore aggiunto, e, congiuntamente all'arrangiamento, carica il pezzo di una forte connotazione evocativa. 8 pieno.
All'inedito di Guccini segue Elisa, che canta "Auschwitz". Insomma, un grosso mah. Attenzione, Elisa è vocalmente impeccabile, interpreta perfettamente ed i vocalizzi finali accentuano il carattere drammatico del pezzo. Il discorso sta proprio dell'assegnazione del pezzo, che, essendo comunque abbastanza basico dal punto di vista musicale, permette poca inventiva, e quella rintracciabile è abbastanza ovvia, come le parti degli archi di questa versione. Peccato non vederla alle prese con pezzi come "Quello che non" (è in una tonalità discretamente alta, ed Elisa ha una estensione vocale che le avrebbe permesso anche di alzarlo a brano in corso) o "Culodritto", ancora più intensa a livello interpretativo. 6+ solo perché lei è perfetta nell'esecuzione.
Ligabue canta "Incontro" ed, onestamente mi stupisce. Mi stupí già l'assegnazione, alla scoperta della tracklist, e mi stupisce l'esecuzione. I fraseggi di chitarra elettrica, le svisature di armonica e violino, l'organo nel finale: tutto bellissimo, una mano di vernice fresca su uno dei pezzi più belli del canzoniere gucciniano. Piacevole sorpresa che vale un bel 7.5.
"Scirocco" è il pezzo scelto da Carmen Consoli. E se non fosse un album di canzoni di Guccini passerebbe tranquillamente per una sua canzone. Perfetta. Gli interventi del violino arricchiscono il crescendo jazzato del pezzo, che nel complesso risulta elegantissimo. La Cantantessa è perfettamente a suo agio nell'interpretazione del pezzo, e la linea vocale è, ovviamente, precisissima. Al top, 9.
Giuliano Sangiorgi ci regala la sua versione di "Stelle", ed il discorso è molto simile a quanto detto con Elisa, cioè un pezzo che non permette molto di giocarci sopra. Anche qui, come per Elisa, pregevoli sono i vocalizzi e gli arzigogoli vocali di Sangiorgi. Molto interessanti le sovraincisioni vocali, in piena armonia con l'atmosfera rarefatta e dilatata del pezzo. 6.5.
A Nina Zilli è toccata "Tango per due". Anche qui è stato compiuto un lavoro molto pregevole sull'arrangiamento, con un organo ed un basso ipnotico a guidare le danze, gli interventi degli archi nell'inciso e le svisature di fisarmonica e violino. Il tutto magistralmente fuso con una Zilli vocalmente al top. 7+.
Brunori Sas ci propone "Vorrei", in un'assegnazione da 10. È il pezzo perfetto per lui, per la sua poetica. Dolce, raffinato, a tratti sognatore e mai banale. Qui il lavoro fatto su un pezzo anch'esso abbastanza basico è invece notevole: gli arpeggi di chitarra a fare da sottofondo al piano, gli interventi di armonica e fisarmonica a portare un respiro molto ampio al pezzo. E proprio in virtù della scelta azzeccata, l'interpretazione del buon Dario rende giustizia ad uno dei pezzi più belli del canzoniere gucciniano. Non me ne vogliate, ma non riesco proprio ad assegnare un voto a questo pezzo, lo trovo bello in valori assoluti, e ne sono emotivamente toccato. Di nuovo, chiedo perdono per la mancanza professionale.
"Canzone quasi d'amore" è il pezzo che canta Malika Ayane. Anche qui, ottimo lavoro vocale ed interpretativo. Il crescendo di archi si sposa perfettamente con la delicatezza degli arpeggi di chitarra e piano. Bel lavoro, 7.5.
Francesco Gabbani canta "Quattro stracci". Insomma, senza infamia e senza lode. Non ci sono sbavature (ma lavorando in studio difficilmente se ne potrebbero trovare), ma nemmeno picchi di fantasia musicale. L'unica nota di colore è portata dalla presenza di una chitarra slide che apre il pezzo e ne diventa l'elemento imprevedibile. 6.
Samuele Bersani e Luca Carboni cantano un pezzo che poteva andare solo a due conterranei di Guccini, vale a dire "Canzone delle osterie di fuori porta". L'iniziale dinamica del pezzo, molto semplice, apre alla possibilità di fare un bel lavoro "espressivo" e di riarrangiamento. Piano, basso ed arpeggi di chitarra conducono la ritmica del pezzo, mentre gli interventi di organo, chitarra elettrica e fiati colorano il pezzo e lo rendono molto moderno. Le voci di Bersani e Carboni si fondono meravigliosamente e danno vita ad un duetto molto bello. Gran bel lavoro, 8.5.
A Margherita Vicario tocca "Noi non ci saremo". Le sue capacità vocali fanno sì che il pezzo le si adatti perfettamente, oltre a dare al pezzo una grandissima ariosità. In più gioca col testo, modificandone qualche parte, e ne coglie pienamente il senso, interpretandolo benissimo. Musicalmente è una versione che ricorda, per le sonorità discretamente rarefatte, quella incisa dai Csi nel 2001. L'arrangiamento presenta una batteria quasi marziale ed un crescendo che parte dal piano e finisce con dei piccoli fraseggi di chitarra elettrica, il tutto montato su una base leggermente elettronica. I glissati del basso sono un tocco di classe. 8+.
Chiudono il disco Manuel Agnelli e Mauro Pagani, che cantano la mitica "L'Avvelenata". Due voci abbastanza simili, Agnelli con una maggiore estensione, ma entrambe molto carnose e ruvide, che si incrociano perfettamente. L'inizio è quasi mutuato dalla versione dello stesso Guccini, con piano e spinetta, che tornano a metà pezzo, insieme alla sezione fiati, per non rendere il pezzo monotono. Poi la carica rock di Agnelli ha la meglio ed allora via a dei chitarroni elettrici, che fanno volare il pezzo verso una maggiore potenza ed una maggiore incazzatura. Esattamente come me l'aspettavo, per fortuna è finita in buone mani. 8.5.
Insomma, nel complesso è venuto fuori un ottimo lavoro. Ovviamente già il fatto stesso di riunire tanti artisti, abbastanza differenti fra loro, e, soprattutto i loro rispettivi pubblici, nel segno di Guccini è già di per sé un'azione degna di merito. Se poi riesce bene, ancora meglio. C'è da dire che, oltre agli artisti stessi, i complimenti vanno fatti a Mauro Pagani, che ha curato la produzione nei minimi dettagli, rendendola musicalmente raffinata (come testimonia il sovente utilizzo di armonici) ma, al contempo, fresca e moderna. L'anno prossimo uscirà il secondo capitolo di questa raccolta e, se questi sono i presupposti, ci sarà ancora da divertire. Intanto, lunga vita a Guccini ora et semper in saecula saeculorum!
Voto complessivo all'album: 8.5. Pezzo preferito: "Scirocco", nella versione di Carmen Consoli.
Articolo del
16/11/2019 -
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