A quattordici anni di distanza da In The Reins un prezioso EP pubblicato insieme, i Calexico e gli Iron & Wine tornano a lavorare insieme su questo bellissimo Years To Burn.
La ricerca di un punto di incontro fra il tex-mex della band di Joey Burns e John Convertino e l’alternative-country di Samuel Ervin Beam, dà vita ad una sintesi musicale tanto affascinante quanto naturale.
Raramente succede di ascoltare un album così raffinato ed intrigante, senza momenti di flessione, per tutta la durata delle otto tracce previste. Un incanto vero, uno stato di estasi che non mi capitava dal lontano 1971, ai tempi di If I Could Only Remember My Name di Davis Crosby, pietra miliare della musica rock.
A guardare bene il titolo, i tre musicisti sembrano chiedersi come sia stato possibile far passare un periodo tanto lungo dal loro primo lavoro, anche se in effetti ci sono state delle collaborazioni, soltanto episodiche, di Beam su “Carried To Dust” dei Calexico e di Covertino e Burns su “The Sheperd’s Dog” degli Iron & Wine. Il disco è talmente riuscito da risultare come l’album di un’unica band e non l’incontro fra due gruppi diversi.
Melodie sognanti e di ampio respiro, un canto corale, arrangiamenti acustici o morbidamente elettrici, dove le trombe mariachi di Jacob Valenzuela si alternano con gusto alle chitarre nel disegnare armonie memorabili. Brani come “Midnight’s Sun” e il primo singolo, intitolato “Father Mountain”, fanno presagire la presenza di elementi di novità per entrambi i gruppi. Ma il vero trionfo, la sintesi finale, il momento dell’approdo è su “The Bitter Suite”, un brano molto lungo, diviso in tre capitoli, “Pajaro”, “Evil Eye” e “Tennesse Train”. Otto minuti fantastici , durante i quali le influenze latine e ispaniche dei Calexico si mescolano perfettamente al country-folk degli Iron & Wine per dare vita ad un crescendo che ha qualcosa di assolutamente magico, di solenne.
Molto belle anche “Years To Burn”, the title track, e “Folow The Water”, due ballate molto calme, ma di grande suggestione, che evocano dolcezza infinita, merce rara in tempi come questi. Da segnalare ancora “Outside El Paso”, una composizione solo strumentale, ma ricca di ingredienti diversi, in grado di spaziare dal folk al jazz con grande facilità. Il disco si chiude con “In Your Own Time”, vero manifesto politico e culturale di questa super band che riproducono atmosfere musicali che ricordano molto i vecchi film western, le canzoni da saloon e i fuochi notturni accesi lungo la prateria. Years To Burn è un album da centellinare per bene, come un buon vino, da scoprire nei dettagli, prima di perdersi e di lasciarsi andare definitivamente all’ascolto
Articolo del
15/06/2019 -
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