7 è l’ultimo album di Orange Lem, uscito sul finire del 2018. Come già sappiamo Orange Lem è capace di snocciolare una canzone elettronica dai rimandi new wave, una dopo l’altra con estrema disinvoltura. Anche quest’album è una gemma di electro new wave, a partire dal primo brano, Impolitik, che ci pervade di elettronica fatta bene, di sintetizzatori di ottimo gusto rock, di atmosfere elettroniche perfettamente riuscite e ben curate. I pezzi ci ricordano le atmosfere vissute da ragazzi, i nostri primi baci, fatti di timidezza e di labbra serrate, la scuola, fatta di non aver voglia di aprire un libro e dell’attesa della ricreazione, le prime esperienze con gli assorbenti, fatte di tremendo imnbarazzo, con le droghe, fatte di cartine, filtri fatti male e imparare a rollare uno spinello, e con la guida, con le discoteche fatte di rock, di dj set, di ballare fino all’alba, di uscire lerci di alcol e fare colazione alle cinque di mattina.
È un ricordo questo disco, un ricordo dell’adolescenza, è un ricordo sacro di tutto quello che abbiamo trascorso dai quindici ai vent’anni, un ricordo fatto di sballo, di pomiciate sui lettini del pub, di scadenti rum e cola che costano troppo ma li beviamo per alcolizzarci, di rum e pera, di cui ci piace solo la pera perché il rum è un Pampero di pessima qualità, è un’accozzaglia di situazioni terribili ed emblematiche. Non possiamo fare a meno di ricordare, durante questo disco, di ricordare le carezze, il sesso, la prima volta, il dolore misto a piacere, i gemiti che ci escono piano dalla bocca e per finire l’orgasmo che ci attende per tutto l’album.
Perché è un orgasmo questo lavoro, un orgasmo dall’inizio alla fine, invariabile, fisso, immutabile, carico di adrenalina, quell’adrenalina che solo i begli album fanno scaturire. E questo la sa generare come pochi album elettronici dell’ultimo periodo.
Articolo del
18/04/2019 -
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