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Deerhunter
Why Hasn't Everything Already Disappeared?
2019
4AD
di
Andrea Salacone
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Un’opera che arriva al cervello più che al cuore. Sembra uno slogan banale, ma è una frase che esprime con efficacia l’impressione lasciata da ripetuti ascolti del nuovo album dei Deerhunter.
Gruppo decisamente originale, quello di Bradford Cox, giunto quasi alla soglia del decimo disco, in Why Hasn't Everything Already Disappeared? (il titolo, una citazione “colta”, fa riferimento a un testo di Jean Baudrillard) riflette sull’epoca contemporeanea in un’alternanza di momenti seriosi – come Death in Midsummer, una North Country Blues (Bob Dylan) del ventunesimo secolo – e divagazioni tra psichedelia e straniamento (Détournement).
Le atmosfere sono ora solari e/o stralunate (a dispetto del contenuto tutt’altro che leggero, No One’s Sleeping, e Futurism, due pezzi che ricordano Robyn Hitchcock), ora ipnotiche (la litania di Tarnung). Fanno capolino anche quelle sognanti e fiabesche (Element sembra cantato da Donovan) a cui fanno da contraltare sterzate un po’ “noir” (la coda di quest’ultimo brano, alla Wall of Voodoo) un po’ raggelanti (Greenpoint Gothic, strumentale). Belle le morbidezze di Plains e la chiusura radiosa di Nocturne.
Però rimane la sensazione che Why Hasn't Everything Already Disappeared? sia un disco in cui la ragione ha prevalso sul sentimento, dando vita a un LP pregevole, ma senza molta anima
Articolo del
07/02/2019 -
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