Quella di Fiumani e dei suoi Diaframma è una vita dedicata alla musica, fatta di una sfilza di album e altrettanti live nell’arco di una leggendaria carriera lunga oltre trent’anni. Dagli anni Ottanta al nuovo millennio e oltre, la band fiorentina capitanata da Federico Fiumani, irriducibile superstite della formazione originale, ritorna in scena a distanza di due anni dalla reincisione del primo album con Siberia Reloaded 2016 e a cinque dall’ultimo album in studio Preso nel vortice.
Il ventesimo lavoro dei fautori della new wave italiana, L’Abisso, segna la piena maturità del suo carismatico leader; ma cosa intende Fiumani con la scelta di un simile titolo? Alla soglia dei sessant’anni che il cantante compirà tra un anno e mezzo, il riferimento è proprio al sopraggiungere della vecchiaia, “un abisso dal quale non si esce più”, come ribadito più volte da lui stesso nel corso di alcune interviste.
A tale consapevolezza non manca però anche un tocco di irriverenza, come in “Il figlio di Dio” con cui smorza i toni tutt’altro che allegri del brano “Leggerezza” che lo precede, in cui i Diaframma esplorano il dramma di una storia d’amore finita. “L’impero del male” invece è una ballata rock d’altri tempi in un pezzo che ti rimane in testa e non vuole saperne di uscire, merito anche della partecipazione di Andrea Mastropietro per quanto riguarda seconde voci, cori e armonizzazioni.
Che questo sia un disco più maturo, un po’ meno ribelle, lo si intuisce dalle tematiche presenti al suo interno, dove il focus si sofferma a più riprese sulla figura femminile, “Così delicata” e “Non posso seperarmi da te” ne sono un chiaro esempio, caratterizzate comunque da un piglio decisamente rock. “I ragazzi stanno bene” contiene un riferimento tutt’altro che celato, ma anzi fermamente voluto, alla mitica “The Kids Are Alright” degli Who, dove Fiumani parla chiaramente della fine di un’epoca e della morte del rock vecchio stampo.
Una bella variazione sul tema è rappresentata da “Le auto di notte”, una riflessione quasi poetica sulla paura scaturita dallo sfrecciare a tutta velocità delle vetture notturne. Prima di imboccare la strada del non ritorno verso l’abisso, i Diaframma ci lasciano con “ Luce del giorno“ che risuona sulle note di un contagioso ottimismo con tanto di “uacci uari uari” che a intervalli fa capolino nel brano.
A discapito del titolo scelto per questo ventesimo album, L’Abisso raccontato e cantato da Federico Fiumani è puramente anagrafico e allontana con forza quello musicale, con una verve che dimostra almeno quaranta anni di meno. E mentre l’artista toscano si avvicina ai sessanta e l’Occidente sprofonda nell’abisso, i Diaframma continuano imperterriti a fare la storia della musica italiana, dimostrando lo stesso entusiasmo, voglia e capacità di trentaquattro anni fa, merito anche di quel “ragazzino” dai capelli brizzolati
Articolo del
20/12/2018 -
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