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Nonostante il nome dato al tour, i Jethro Tull non sono tornati a Roma per presentare il nuovo album di inediti Curious Ruminant, pubblicato nel mese di marzo di quest’anno. Soltanto una canzone infatti, la title track, peraltro armonicamente ben strutturata e intrigante, è stata inserita nella scaletta del concerto di questa sera.
Anche questa volta lo show è stato diviso in due parti e ha rappresentato l’occasione per chiamare a raccolta i numerosi fan della band, sempre pronti qui da noi a rispondere al richiamo e al fascino esercitato dal Rock Progressivo.
Lui, Ian Anderson, 78 anni d’età, musicista e compositore scozzese di nascita, ma inglese di adozione (è cresciuto a Blackpool), non si smentisce mai: da grande istrione come è e quale è sempre stato, vuole sempre il controllo della situazione ed esercita (anche con garbata ironia) il suo ruolo di menestrello e di accentratore.
Lo accompagnano sulla scena David Goodier, al basso, John O'Hara, alle tastiere e Scott Hammond, alla batteria, tutti musicisti originari di Bristol, mentre Jack Clark, il nuovo chitarrista, davvero molto bravo, proviene da Manchester ed è al suo primo tour con la band.
Ian Anderson ci tiene a raccontare le cose per bene, a farci capire che tutto ha avuto origine dalle contaminazioni blues in territorio inglese e che la fase denominata Rock Progressivo è arrivata soltanto dopo. Ecco quindi un paio di blues acustici presi da “This Was” , l’album di debutto della band, un disco che risale al 1968. In particolare sono le note di “A Song For Jeffrey” che fanno scaldare il pubblico presente e che segnano l’ascesa dello show, che poi prevede un estratto dalla lunga “suite” di “Thick As A Brick”, lo storico concept album del 1972.
Seguono “Mother Goose”, “Songs From The Wood” e la fantastica “Weathercock”, recuperata da “Heavy Horses” del 1978. Di “Curious Ruminant” abbiamo scritto sopra, mentre sempre affascinante si rivela l’atmosfera rinascimentale di “Bourèe”, il brano solo strumentale che trae spunto da una composizione di J.S. Bach.
La seconda parte dello spettacolo si apre con “My God”, la drammatica folk ballad in chiave hard rock, resa celebre da Aqualung, lo storico disco del 1971. E poi ancora “The Zealot Gene”, “The Donkey and the Drum”, dal nome di un noto pub che si trova lungo il porto navale di Bristol in Inghilterra, “Over Jerusalem” e la splendida , inebriante e corale, “Budapest”. Ogni singola canzone è accompagnata da video che scorrono frenetici sul monitor e che permettono la comprensione della genesi della canzone e ne comunicano l’atmosfera.
La stessa cosa accade per “Aqualung” che viene però preceduta da una lunga intro che ne stravolge in parte la sezione vocale, mentre sullo schermo scorrono le immagini dei tanti nuovi “aqualung” che troviamo ancora adesso sdraiati sulle panchine, o lungo i marciapiedi, o ancora vicino le stazioni ferroviarie delle nostre città. Dopo diversi minuti arriva l’attesa versione “ufficiale” del brano e cresce ancora l’esaltazione collettiva in sala.
Nel corso dell’intero show Ian Anderson è riuscito a modulare bene la sua estensione vocale e ci è sembrato quasi un miracolo, conoscendo i problemi di salute che ha avuto. Ma ha poi pagato lo sforzo nel finale quando, durante l’esecuzione della trascinante “Locomotive Breath”, tratta ancora una volta da “Aqualung”, non è sempre riuscito a tenere testa alle tonalità più alte. Poco male, perché il brano resta sempre una cavalcata esaltante, il pubblico lo ha apprezzato e la band se l’è cavata alla grande con una esecuzione di alto livello.
Chi scrive era al Palasport dell’EUR a Roma il 2 Febbraio del 1972 e il semplice fatto di essere qui a raccontarvi ancora dei Jethro, 53 anni dopo, mi provoca un miscuglio di sensazioni difficili da esternare: commozione, nostalgia? Forse. Ma la consapevolezza di aver vissuto pienamente quegli anni è di certo la cosa che conta di più
SET LIST
SET 1: Some Day the Sun Won't Shine for You Beggar's Farm A Song for Jeffrey Thick as a Brick Mother Goose Songs From the Wood Weathercock The Navigators Curious Ruminant Bourèe SET 2: My God The Zealot Gene The Donkey and the Drum Over Jerusalem Budapest Aquadiddley Aqualung
Encore: Locomotive Breath
Articolo del
26/11/2025 -
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