Questa non è una recensione di un concerto, ma un sincero e ammirato peana della biotecnologia, della quale prima o poi tutti potremo usufruire, e il cui livello è ormai talmente stratosferico da darci illusioni così forti da sembrare reali.
Il 12 giugno 2003 pubblicai su Extra la mia recensione del concerto che i Rolling Stones avevano tenuto a San Siro due giorni prima. Scrivevo della mia emozione nel vederli per la prima volta live, pur essendo un loro grandissimo fan (all’epoca la band mancava dall’Italia da tredici anni, e in precedenza, per una serie assurda di circostanze, non ero mai riuscito ad andare a un loro concerto).
Parlavo di un gruppo di arzilli sessantenni che, a dispetto dell’età, si erano esibiti in uno show incendiario, che mi aveva ricompensato di anni di folle desiderio di vederli dal vivo – anzi, da vicino! – dopo aver comprato tutti i loro dischi, cassette, cd, dvd, bootleg, e aver visto (solo in) TV decine di loro concerti. Scrivevo del mini-concerto-nel-concerto, sulla passerella, con strumenti semiacustici, della versione devastante di “Like a rolling stone”, di emozioni quasi insopportabili.
Mai – e dico mai! – mi sarei immaginato che diciannove anni e dieci giorni dopo mi sarei ritrovato a scrivere di un loro concerto. Già allora, sessant’anni sembravano davvero una bella età, e credo che nessuno al mondo – loro per primi – avrebbe mai potuto prevedere che a quasi ottant’anni sarebbero stati ancora, non dico su un palco, ma proprio in circolazione!
Nel frattempo ho visto numerosissimi loro concerti – incluso quello del 2012 alla O2 Arena di Londra per il cinquantenario e quello – indimenticabile! – del 2016 a Cuba –, e ogni volta notavo – o forse pensavo di notare – una ruga in più, una movenza meno fluida, più incerta, uno smarrimento di troppo, e ogni volta pensavo: “Questa sarà l’ultima”.
Poi, la svolta, e qui veniamo alla premessa: la biotecnologia, capace di creare illusioni, immagini fantasmagoriche, quasi fantasmatiche, chiaramente smaccatamente volgarmente, quasi, false, eppure verosimili, la realtà capovolta reinventata ridefinita e infine ammannita ai poveri fans in ambasce. È tutto falso eppure è totalmente vero! Ieri, però, a San Siro, finalmente, io l’ho capito. Io so ciò che nessuno sa: sul palco non c’erano i Rolling Stones! Volete che gente di ottant’anni suoni in quel modo? Ovvio che no, e stavolta non ci sono cascato! Ieri, (forse?) per la prima volta, abbiamo assistito a un concerto dei loro avatar digitali, talmente uguali agli originali – aspetto, movenze, sguardi, voci – da essere ormai indistinguibili, con l’ulteriore specifica che Mick di avatar ne ha due, perché un solo avatar, per quanto tale, non potrebbe oggettivamente reggere quasi due ore e mezza di concerto, cantando, ballando, correndo in lungo e in largo per il palco!
E accanto a loro, musicisti in carne e ossa, fortissimi, stupefacenti (e strepitosi a fingere di suonare con i veri Stones!) sempre più bravi, e più numerosi (quattro coristi – fra cui, oltre al vecchio e caro Bernard, una clamorosa, straordinaria Chanel Haynes! – anziché due o tre, ché occorre dare l’impressione al pubblico che Mick ne abbia bisogno: geni assoluti!)
E la bellezza della scienza – la sua grandezza! – è che ha creato degli avatar che invecchiano lentamente, come sarebbe accaduto agli originali se fossero stati ancora fra noi. L’unica annotazione critica è che per rendere più plausibile l’inganno, la durata del concerto avrebbe dovuto essere più breve dei precedenti, e invece – i soliti scienziati megalomani! – la hanno aumentata! Ma vi pare normale che “Midnight rambler” sia durata oltre quindici minuti, con un tiro blues che manco B.B. King, e “Miss you” quasi dieci!? O che (l’avatar di) Ronnie suoni meglio dell’originale, con un’energia e un entusiasmo che manco un esordiente qualunque!? O che (l’avatar di) Keef tiri fuori dei riff di chitarra che scartavetrano il pur potente impianto, riempiendo d’amore e rock’n’roll quasi sessantamila persone?! O che, infine, (l’avatar di) Mick canti “Wild horses” che manco il vero Mick a trent’anni! E dai! Fate le cose bene ma non esagerate!
L’unica domanda che mi è restata è perché non abbiano creato anche l’avatar di Charlie, limitandosi a delle commoventi, poetiche, struggenti immagini iniziali proiettate sui maxichermi. Ma forse non hanno fatto in tempo …
Ora scusate, vi lascio. Sento una sirena. Credo siano venuti per me
Setlist Street Fighting Man 19th Nervous Breakdown Tumbling Dice Out of Time Dead Flowers Wild Horses You Can't Always Get What You Want Living in a Ghost Town Honky Tonk Women You Got the Silver (Keith on lead vocals) Connection (Keith on lead vocals) Miss You Midnight Rambler Start Me Up Paint It Black Sympathy for the Devil Jumpin' Jack Flash
Encore: Gimme Shelter (I Can't Get No) Satisfaction
Articolo del
23/06/2022 -
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