Una serata da ricordare, una esibizione dal vivo, per chitarra acustica e voce, che ci porta in un istante fuori dalla grancassa mediatica televisiva e da sonorità fastidiose, finte o più semplicemente insopportabili. Questo dono ci è stato consegnato con delicatezza e tanta grazia da Lula Pena, compositrice, interprete e chitarrista lusitana, nata a Lisbona 46 anni fa, ma comunque cittadina del mondo.
Forse non è molto conosciuta qui da noi, sia perché il suo approccio musicale è assolutamente non convenzionale, sia perché ha pubblicato soltanto tre album in venti anni di carriera artistica. Se inizialmente Lula proponeva una sua personale rilettura del fado e della morna capoverdiana, con il passare del tempo si è staccata da queste facili etichette e caratterizzazioni. Infatti i brani contenuti sul suo ultimo album - intitolato Archivio Pittoresco - dimostrano come l’artista portoghese si sia molto evoluta e abbia maturato uno stile chitarristico unico, originale, che va a innestarsi su composizioni di ampio respiro, eseguite ora in portoghese, ora in italiano o in inglese, o ancora in spagnolo, in francese, in greco, in sanscrito o in dialetto sardo.
Una grande varietà di registri linguistici che vanno a confluire su quel suo particolare tocco chitarristico, così disadorno ed essenziale, che costituisce il substrato di una sezione vocale delicata e struggente. Un folk molto scarno, moderno, che rasenta la musica d’avanguardia, che ha catturato e costretto ad un rispettoso silenzio tutto il pubblico convenuto della Casa del Jazz. Un condensato di suoni e di emozioni che va indietro nel tempo, cita Violetta Parra e Caruso, in un’unica suite della durata di 45 minuti, una sola canzone in pratica, ma lunghissima e affascinante, durante la quale non c’è tempo per scambi verbali con il pubblico o amenità varie.
Lula non alza mai la mano dalla sua chitarra acustica, non alza mai gli occhi verso il pubblico, chiusa dentro la dimensione quasi sacrale del suo recital. Il tema melodico ricorrente della lunga suite è sostenuto dal battito leggero del pollice della mano destro sulla cassa armonica della chitarra, tanto per sostenere quel groove inimitabile, tutto interno ai suoi brani. Lula vive la sua musica in una sorta di trance assoluta ed impenetrabile.
Cantare vuol dire per lei dare voce al suo inconscio e questo implica sofferenza. Soltanto alla fine del suo recital si alza in piedi, ringrazia e sorride al suo “carissimo pubblico” (e chiede anche un bicchiere di vino rosso). Una performance davvero particolare che tocca sia l’anima che il corpo, che è insieme spirituale ma anche molto fisica, carnale. Lula Pena attinge ad un repertorio molto vasto che racchiude sia temi classici che elaborazioni minimali, che comprende ballate medievali e poesie brasiliane. Ogni passaggio armonico ha uno spazio ben preciso all’interno di una cornice acustica dalla quale traspare il dolore delle storie che vengono raccontate. Alla fine solo applausi, tanti e motivati
(foto di Viviana Di Leo)
SETLIST - Rose - Poème - Ausencia - A Diosa - O Ouro E A Madeira - Cantiga de amigo - Come Wander With Me - Pesadelo da Historia - Pes Mou Mia Lexi - Breviario
Articolo del
08/02/2020 -
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