Esprimere a parole l’umiltà e la gentilezza, l’allegria e la spensieratezza, che un assoluto protagonista della musica italiana come James Senese ha trasportato a Villa Ada nella serata del 30 luglio, non è cosa facile.
Gaetano Senese (vero nome di James) è forse uno dei testimoni più autentici dei cambiamenti musicali e generazionali degli ultimi 50 anni avvenuti nella nostra penisola, ed in particolare tra i vicoli ed i paesaggi della sua Napoli. Ed è proprio per rimarcare questo traguardo che sta portando in tour, insieme ai compagni di Napoli Centrale, i suoi maggiori successi raccolti nel recente doppio cd antologico “Aspettanno ‘o Tiempo”. In apertura, alle 21 e 30 circa, c’è una giovane cantautrice, Gabriella Martinelli, frizzante e coinvolgente ragazza che assieme alla sua band (Paolo Mazziotti al basso, percussioni, cori e Andrea Iannicola alle chitarre) ha saputo coinvolgere con i brani tratti dal nuovo album “La pancia è un cervello col buco”.
Come sempre tra un cambio di palco e l’altro è interessante guardarsi intorno ed osservare il pubblico presente, cercarne i pensieri in superficie, le parole sfuggite ai discorsi ed ora libere di vagare in quella che è una piacevole serata a Roma di fine luglio. E quello che rimane è la consapevolezza dei tanti compaesani, di Napoli e della Campania tutta, presenti in diversa misura, da famiglie a coppie di giovani ragazzi, generazioni diverse riunite insieme non in un confronto, ma in una condivisione. Questa sarà anche la prima cosa a colpirmi durante l’ingresso di Senese e in ogni intervallo di tempo fra un brano e l’altro, ovvero quest’immensità di volti e di sorrisi che non sono che l’aspetto più visibile a quello che è un ringraziamento che va oltre il semplice applauso.
D’altro canto James e gli altri membri della formazione dei Napoli Centrale (Ernesto Vitolo alle tastiere, Gigi De Rienzo al basso e Agostino Marangolo alla batteria) riescono nella bellissima impresa di raccontarsi anche quando nessun suono è emesso. Melodie e parole sono infatti complementari al silenzio delle assenze, come quella del grande amico Pino Daniele.
Ma il suono del sassofono di James, unito ai testi in dialetto napoletano, nobilitano il passato di questo grande artista e della sua terra, e dalla commozione si arriva gradualmente a sfiorare quella gioia e bellezza di cui accennavo all’inizio. Alla fine si resta inermi di fronte ad uno spettacolo unico che è, al di là del semplice concerto, la storia di noi tutti, ed una sola cosa rimane da dire: grazie Napoli, grazie James.
(foto di Riccardo Rossi)
Articolo del
01/08/2019 -
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