Un concerto davvero sorprendente quello di Dan Weiss con il suo Jazz-Metal Quintet che si è esibito il 26 aprile al Jazz Club di Ferrara, tappa italiana di un più ampio tour europeo che vede i musicisti on the road per presentare l’album di debutto “Starebaby” (PI Records). Uscito nel 2018, “Starebaby” è un progetto musicale che nasce sulla spinta visionaria e sperimentale di Dan Weiss, batterista jazz tra i più richiesti nella scena attuale newyorkese, che esplora le possibilità compositive e di improvvisazione del jazz scavando e allargando l’orizzonte musicale su territori al jazz lontani, come l’heavy metal e la musica minimalista. Riferimenti extramusicali espliciti, testimoniati anche dal pezzo intitolato “Badalamenti” , sono gli episodi della serie di Twin Peaks, di David Lynch, e naturalmente la musica composta da Angelo Badalamenti. «Quello che mi ha attratto sono due aspetti contrastanti e complementari che convivono nei lavori di Lynch – ha commentato Dan Weiss - da un lato abbiamo la superficie, dall’altro abbiamo idee e tonalità emotive e musicali che stanno sotto a quella superficie. Da un lato c’è un tono aperto di felicità, dall’altro c’è una dimensione ventrale più oscura. Badalamenti, dal canto suo, crea una musica che è dolce e amara, è molto melodico ma è anche nostalgico, ma ha pure atmosfere cupe come nei film di Lynch». Un interesse per i contrasti e atmosfere ambigue e a tratti inquietanti che ben emerge nella musica composta in questo album decisamente originale. D’altro canto il quintetto è senza dubbio un organico di musicisti sui generis, per l’eterogeneità delle esperienze musicali del loro background, che lascia trapelare fin da subito le intenzioni poco rassicuranti, nella direzione di un’esplorazione musicale non convenzionale e di uscita dagli stilemi di genere. Dan Weiss pur partendo da una formazione accademica classica e jazzistica ha avuto una breve esperienza, dal 2005 al 2007, con il gruppo newyorkese doom metal Bloody Panda, e ha sempre continuato, anche negli anni successivi a guardare alla scena rock sperimentale. Non a caso l’incontro con musicisti come Ben Monder (chitarrista di Starebaby) che proviene da esperienze jazz progressive ma con interessi anch’egli nella musica heavy, e Trevor Dunn, bassista e compositore, che ha maturato una lunga esperienza nell’avanguardia jazz, ma che vanta importanti collaborazioni con gruppi sludge metal come i Melvins o i Fantomas, è avvenuto in modo naturale. Il quintetto si chiude poi con la coppia Craig Taborn e Matt Mitchell ai sintetizzatori e pianoforte.
«L’idea di questa collaborazione è nata qualche anno fa perché conoscevo da tempo Trevor Dunn, Greg Mitchell e Ben Monder e volevamo mettere insieme le nostre esperienze in campi diversi della musica – ha precisato Weiss- allargando lo spettro del jazz al metal e alla musica elettronica, e dunque ho pensato di unire queste influenze per creare qualcosa di nuovo, una musica che fosse allo stesso tempo intensa e poderosa».
Il risultato è un album poderoso, frutto dello sforzo creativo di Weiss che si arricchisce delle potenzialità improvvisative degli altri musicisti. «Quando ho iniziato a comporre avevo già i suoni nella mia mente e li pensavo per un quintetto, stavo già scrivendo per questa formazione – ha spiegato Weiss - La musica per buona parte è fissata sulla pagina scritta, ma c’è anche molta parte lasciata all’improvvisazione, perché le canzoni sono lunghe e formate da diverse sezioni e c’è molto spazio per esplorare sempre nuove soluzioni». Starebaby presenta una grande varietà di situazioni musicali, con sonorità volutamente contrastanti rese nella tessitura compositiva con armonie che talvolta tendono al minimo, quasi “a togliere” ogni orpello, ogni elemento superfluo, e in altri momenti esibiscono una pienezza di impasti strumentali, con melodie suadenti a tratti malinconiche stemperate da crudi cambi di registro, talvolta repentini, verso sonorità ruvide e pungenti, ripetizioni ossessive, tutto sostenuto da ritmi ostinati che improvvisamente scompaiono per lasciare il campo, ancora una volta, ad atmosfere sospese.
L’abilità e maestria dei musicisti si comprende ancora meglio dal vivo, dove i pezzi dell’album sono proposti con continue variazioni, cambi di soluzioni, dilatazioni melodiche e improvvisazioni continue. Il concerto proposto al Jazz Club di Ferrara è stata una bellissima prova di energia e virtuosismo, con una nota maggiore di merito alla professionalità dei musicisti che, a causa della cancellazione di un volo, sono arrivati fortunosamente a Venezia la mattina stessa del concerto, ma in assenza di buona parte della loro strumentazione, mancando praticamente di tutta l’elettronica. Hanno quindi dovuto esibirsi su una strumentazione solamente in parte integrata dal locale ospitante, risolvendo dunque sul momento problemi contingenti.
Il concerto si è aperto sulle note e rarefatte di Annica, un pezzo vibrante e ipnotico che ha introdotto l’esecuzione di un full set di pezzi proposti senza soluzione di continuità per oltre un’ora di ascolto, terminando con la lunghissima “Episode 8” , una composizione che si immerge nelle profondità delle atmosfere lynchiane, caratterizzata da momenti a ritmi velocissimi, dove il basso di Dunn è emerso in maniera preponderante con un assolo strepitoso. Eseguita anche Depredation, uno dei pezzi più noti dell’album e in anteprima un assaggio del nuovo album ora in fase di registrazione, con un pezzo ancora senza titolo.
Il pubblico numeroso ha ascoltato il concerto con molto interesse ed entusiasmo, in una venue bellissima, quella del Jazz Club Ferrara, ricavato in un torrione delle antiche mura che circondano la città.
Articolo del
29/04/2019 -
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