Il talento dimostrato dai Low fin dai lontani esordi negli anni Novanta è incontestabile, e la sua particina nella storia della popular music più lontana dai gusti massificati del grande pubblico la band di Alan Sparhawk e Mimi Parker l’ha meritatamente conquistata.
Formulare un giudizio sull’esibizione di stasera frena però l’entusiasmo che si prova per il complesso, perché il concerto è stato tutt’altro che indimenticabile, anche se i presenti si sono spellati le mani dall’inizio alla fine della performance.
Memori dello spettacolo emozionante offerto dai Low anni fa nella stessa sala, siamo andati via delusi da una scaletta poco esaltante e monocorde, con l’aggravante di una rumorosa, interminabile digressione strumentale, a metà della serata, completamente slegata dal contesto e dalle atmosfere avvolgenti create dal trio. Un sorta di rave up, così l’avrebbero definita all’epoca degli Yardbirds, con tanto di chitarra elettrica distorta suonata coi denti (non ne siamo sicuri, perché i musicisti erano parzialmente celati dalla semioscurità, ma il gesto sembrava quello: si può davvero proporre una cosa del genere nel 2019 senza risultare ridicoli?).
Da ricordare pochi, splendidi pezzi: il passo lento di Plastic Cup e di Holy Ghost, con Mimi a evocare le malinconie dei migliori Cowboy Junkies; la sconfinata, seducente mestizia di Do You Know How To Waltz, che richiama alla mente la lezione dei Codeine, e che per chi scrive costituisce il vertice del concerto; Laser Beam e Murderer, carezzevoli ninne nanne eseguite nel bis. E in generale, la magia delle armonie vocali eseguite da Sparhawk e dalla Parker.
Abbastanza anonimo il resto, dagli arabeschi di chitarra di Always Up a brani quali No Comprende, What Part Of Me e Always Trying To Work It Out, reiterazioni di una formula ormai logora.
Degni di nota, però, anche l’onirica Lazy, e l’umiltà di cui dà prova Sparhawk in chiusura del concerto; un musicista navigato come lui che fa riferimento all’ansia da prestazione sul palco, e che trova il tempo di ringraziare la sua équipe (tecnici delle luci e del suono) è degno del più sincero rispetto, anche se stavolta non possiamo lodarne l’operato
(foto di Beatrice Ciuca)
Articolo del
10/04/2019 -
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