Assistere a un concerto dei Diaframma negli ultimi tempi è diventato un piccolo rito collettivo. La promozione dell’ennesimo album, “L’abisso”, è solo un’occasione ulteriore per (ri)vedere Federico Fiumani in azione sul palco.
Piacevole sorpresa constatare che tanti dei presenti avranno tra i venti e i trent’anni: pubblico caloroso, accoglie con entusiasmo la musica di questo artista così fuori dagli schemi e dalle logiche di mercato, che, lontano dai riflettori, da tre decenni prosegue con determinazione il suo percorso senza sembrare una reliquia di un passato forse più glorioso.
Frontman ineccepibile, il cantante chitarrista stavolta è un po’ scolastico nelle esecuzioni, e i tre musicisti che lo accompagnano, benché talentuosi e pur non lesinando sull’energia con cui affrontano il concerto, non convincono appieno. Ricordando bene l’euforia e il piacere inebriante suscitati da una precedente esibizione al Monk Club di Roma, il gruppo stasera ci sembra insomma sottotono.
Alcune canzoni nuove come Il figlio di Dio e Le auto di notte, bisogna dirlo, non fanno gridare al miracolo, ma ci sono spunti interessanti nelle dilatazioni di Ellis Island, 1901.
Del resto, è probabile che per molti che sono qui le composizioni più recenti siano solo elementi di contorno: si aspettano i brani memorabili, e quando arrivano le melodie di ballate elettriche quali Labbra Blu, Verde, Io ho te, Amsterdam, o i sussulti di Diamante grezzo, Adoro Guardarti e Gennaio (quanti autori italiani possono vantare un pezzo del genere?) è una festa. Una festa, stasera, meno coinvolgente e rutilante di altre, ma allestita da un artista la cui integrità e il cui carisma continuano a essere degni di incondizionata ammirazione
Articolo del
04/02/2019 -
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