Day 1
Stasera l’interesse principale, almeno il nostro, è indissolubilmente legato alla granitica lisergia prodotta dai Dead Meadow ma nasconde anche una certa curiosità nei confronti degli Any Other. Due minuti dopo aver raggiunto il Monk scorgiamo Adele sul palco. È impacciata e molto tesa mentre prova a presentare band e brani. Sembra fare uno sforzo immane, anche l’esibizione non brilla per forza o impatto. Eseguono un po’ di post qualcosa e rock ricercato, ma mostrano anche una dissociazione, lenta, della singer dal resto del gruppo, diretta verso un isolamento tutto personale. I brani sono quasi impalpabili e liquidi scivolando via senza macchia ma anche senza gloria.
A seguire i Weird Bloom, dalla loro hanno più impatto e un approccio easy. I presenti si divertono insieme alla band ma niente più di una mezzora di let’s have fun all together.
Poi finalmente tocca vedere di cosa sono capaci i tanto osannati Ought. I canadesi fano del loro meglio per non farci sprofondare nella noia, o peggio nell’’insofferenza, e ci riescono in parte ma di guizzi al cardiopalmo neanche l’ombra.
A mutare questo mood ci pensano i Go!Zilla, attenti produttori di garage rock psichedelico. Il loro set cresce con il passare dei minuti, galvanizzati dalla risposta ruggente del pubblico che ovviamente impazzisce per ogni riff. Passano la prova palco meritatamente.
Quando è Washington a chiamare la musica cambia, e si sente davvero. Molto più in forma delle loro due ultime visite romane, e a fuoco nel sound che stavolta non li penalizza, i Dead Meadow sciorinano un collage delle loro take prendendo a piene mani dal passato su cui innestano le particelle di The Nothing They Need, ultima loro fatica in studio. Hanno una classe diversa, non vogliono sconvolgere nessuno con artifici roboanti o istrionismo scenico anzi tuto il contrario. Con il loro incedere lento che sembra quasi d’attesa, ma non statico, funzionano come un buco nero capace di attirare verso la loro dimensione in cui ci si perde senza opporre resistenza. Sfoggiano un suono maturo ma sempre riconoscibile, vomitando psicotropi riff immersi nel wah-wah e supportati dal suono circolare del basso, sospinto dalle pelli per un viaggio policromatico di cui si conosce il punto di partenza e intenti ma non l’esatta meta né l’esito finale. Sono immersi nei seventies fino al midollo spinale, lo sanno fare così bene che sembrano provenire direttamente da quell’algida decade. Uber Alles.
Day 2
Il secondo, e ultimo, giorno del Rome Psych Fest III parte invece col botto, su spinta potente e primordiale dei Mamuthones.
Tastiere algide e acide, spinta ritmica da urlo e piglio garage, decorato da caustiche svisate psych. Fanno un set di 40 minuti dove la noia viene esiliata con maestria, e non mestiere, per un set esplosivo. Che li si guardi da sottopalco o da lontano la cosa non cambia, il loro show funziona molto bene. Guardiamo da lontano l’ultima parte occupando un posto in prima fila per lo spettacolo dei Bee Bee Sea che nel frattempo si stanno scaldando.
Sul palco la batteria è decentrata, verso destra, mentre il resto della band rimane al centro tenendo banco con un festino a base di psych rock di buona fattura. Sono simpatici, sanno tenere il palco sfoggiando una piacevole deriva garage, tanto ritmica da far ballare i presenti anche dopo la terza fila. Promossi.
Chiudono, per chi scrive ovviamente, Idris Achamooor & The Pyrimids con il loro set infuocato fra ritmiche tribali, fiati e strutture ossessive che nascondono un universo ritmico e policromatico. Anche loro viaggiano per quaranta minuti che rialzano in modo sensibile la qualità media del festival.
Per questioni di orario, mezzi pubblici e stanchezza perdiamo quella che avrebbe dovuto essere a tutti gli effetti la miglior band, su suggerimento di amici, ovvero i Meridian Brothers sperando di recuperare al più presto questa grave lacuna.
Un grazie va all’organizzazione capace di creare anche un collante esterno ai palchi con dj set, merchandise facilmente accessibile e un punto di ritrovo in cui tutti gli appassionati più malati hanno potuto esporre e confrontare le diverse manie e perversioni musicali
Articolo del
12/11/2018 -
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