Assistere all’esibizione di un pezzo di storia del rock americano degli anni Ottanta comporta alcuni rischi: soprattutto la possibilità, assai concreta, di trovarsi davanti a un cadavere riesumato per guadagnare un po’ di soldi.
Un alone di gloria circonda Steve Wynn, icona di un’epoca passata che, dopo le scorribande con i Dream Syndicate, ha avviato una carriera solista a partire dall’inizio degli anni Novanta alternando dischi pregevoli a opere un po’ dozzinali, che però contenevano sempre almeno un paio di pezzi validi. Un musicista, insomma, degno di rispetto incondizionato, anche solo per quanto immortalato nei solchi del primo mini LP The Dream Syndicate (1982) e del magnifico The Days Of Wine And Roses (1983).
In tour per promuovere l’ultimo album, How Do I Find Myself Here? (2017), la band è composta da Wynn, Dennis Duck alla batteria (unico altro membro della prima formazione), Mark Walton al basso, Jason Victor alla chitarra e, in posizione defilata alle tastiere, Chris Cacavas, un’altra piccola leggenda della scena Paisley Underground con i Green On Red, gruppo di cui, purtroppo, oggigiorno sembrano ricordarsi in pochi.
Innegabile il talento di cui questi Dream Syndicate danno prova sul palco, ma alla prima metà della performance mancano intensità e slancio.
Nonostante l’entusiasmo dimostrato nell’esecuzione, che comprende anche brani dilatati e “duelli” delle sei corde (in cui riecheggia Neil Young con i Crazy Horse), il concerto si accende con “Forest For The Trees” (da Out Of The Grey) per poi divampare con i classici “That’s What You Always Say”, una lunga “The Days Of Wine And Roses” con citazione di “Who Do You Love?” di Bo Diddley, “When You Smile” e “Tell Me When It’s Over”.
In quei momenti, Wynn e compagni sfoderano una verve che allontana l’impressione, destata almeno nel sottoscritto, di stare assistendo allo spettacolo un po’ nostalgico offerto da cinque signori che rincorrono una freschezza ormai svanita. Due bis chiudono la serata. Si esce dal Monk col sorriso sulle labbra, e col desiderio di rimettere sul piatto, dopo tanti anni, The Days Of Wine And Roses, un vero capolavoro e vertice insuperato della produzione discografica di una band (con Wynn e Duck, Karl Precoda alla chitarra e Kendra Smith al basso) che ha segnato il rock con una pietra miliare il cui fascino si mantiene immutato.
Articolo del
29/06/2018 -
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