Se dopo aver vissuto un mancato inizio di una terza guerra mondiale, la terribile vicenda dell'Australia in fiamme, la diffusione di un nuovo virus causa di una pandemia globale, esplosioni di ogni genere e tanto altro, non siete ancora soddisfatti e vi chiedete cos'altro potrebbe accadere in un futuro che si prospetta sempre più catastrofico e incerto, una possibile risposta a ciò che ancora ci attende può essere stata formulata già alcuni anni fa, agli inizi degli anni '80, dal profeta per eccellenza: l'oracolo, il maestro, il vate, o, più semplicemente, tralasciando tutti questi appellativi da captatio benevolentiae, Franco Battiato, che nel 1982 pubblica con il suo album 'L'arca di Noè' un brano dai toni quasi sibillini e oracolari, 'L'esodo'; l'intero pezzo è strutturato sulla base di una prospettiva pre-apocalittica, per cui Battiato incoraggia i 'giovani del futuro' a prepararsi per il grande esodo, una migrazione di massa a cui parteciperà l'intera popolazione mondiale, che radunerà tutte le genti, provenienti dalle città e dalle campagne, da nord e da sud, da ponente e da levante.
È dunque un'esortazione ad affrettarsi, prima di un'altra catastrofe che non lascerà scampo, come un'ultima grande esplosione nucleare causata dalla terza rivoluzione industriale, ponendo l'aggettivo 'ultima' che fa chiaramente pensare al motivo per cui verrà ad essere effettivamente l'ultima della storia dell'uomo. Battiato immagina infatti un mondo successivo ad un avvenimento simile, caratterizzato da altissime temperature sul pianeta e dalla comparsa di esseri mai visti prima, cantando quasi con un'inquietante allegria 'non si erano mai viste code tanto grandi, tanto lunghe, tanto grandi, tanto lunghe, moltitudine, moltitudine, mamma mia che festa!' (O forse che il cantautore facesse riferimento con questo verso alle lunghe code di gente pronta a migrare?).
Quello che sorprende e allo stesso tempo angoscia, è il fatto che Battiato dia anche una approssimativa indicazione di tempo, parlando di terza rivoluzione industriale, fine dell'imperialismo russo e del colonialismo inglese e americano, disegnando così un arco di tempo che parte dalla seconda metà dell'Ottocento per arrivare al presente: in questo modo sembra quasi delineare un cataclisma ormai imminente, perciò sono inutili le preghiere che gli uomini rivolgono a Dio, con un coro di voci che invocano la divinità con vane urla di lode nel tentativo di ingraziarsi all'ultimo momento il Padre Eterno, ma solo quando la fine è ormai certa: 'gloria in excelsis deo!' ('gloria a dio nell'alto dei cieli!'), l'antico inno cristiano che esalta la potenza di Dio, forse nella speranza di ottenere la salvezza; 'gott mit uns' ('Dio con noi'), motto in tedesco dei cavalieri teutonici e successivamente dello stato di Prussia, derivante da quello latino 'deus nobiscum' utilizzato come urlo di battaglia degli eserciti romani prima di iniziare un combattimento per chiedere l'aiuto della divinità, proprio come faranno gli uomini poco prima della fine; e ancora 'ein zwei drei!' ('uno due tre!') per darsi la carica.
In un simile scenario disastroso e catastrofico, sicuramente ci si chiede quale possa essere una possibile via di scampo da una fine ormai imminente: il profeta invita perciò gli uomini ad un esodo, una grande diaspora verso l'ignoto; è importante sottolineare però che questo concetto di migrazione può avere una duplice interpretazione: potrebbe trattarsi infatti di un esodo vero e proprio inteso come una fuga degli uomini verso un nuovo luogo dove poter vivere in seguito alla distruzione del paesaggio terrestre, ormai inabitabile; oppure è un esodo metafisico che non riguarda più i corpi, ma solo le anime dei giovani del futuro, che dopo una morte comune intraprenderanno la loro migrazione o verso la liberazione, e quindi il ricongiungimento estremo con la sostanza divina, oppure con una nuova trasmigrazione in altri corpi, in accordo con la dottrina della metempsicosi, tipica dei principali culti orientali di matrice buddista, a cui Battiato fa spesso riferimento.
Nonostante il testo si proietti in una terribile prospettiva apocalittica, la musica al contrario è perlopiù leggera, rilassata e quieta: il brano si apre con una pesante sovrapposizione di cori lirici con voci maschili e femminili accompagnati dalle percussioni e dagli archi che violentemente rafforzano ancor di più la funzione del coro che canta 'gloria in excelsis deo', 'gott mit uns' e 'ein zwei drei' insistentemente; dopo questa breve ed energica sezione che si ripeterà un'altra volta a metà del brano, lo stile del pezzo varia: a sostituire gli archi entrano in scena i classici sintetizzatori dai vari suoni su cui si costruisce l'intero pezzo.
La voce di Battiato è antica, sabbiosa, lontana miglia e miglia nel tempo e nello spazio, sa di deserti interminabili e paesaggi caldi e orientali, e, se da una parte i termini 'industriale', 'nucleare', 'invasori russi', 'americano' a fine verso sono accorciati e assumono un ritmo notevolmente più repentino di quello generale, al contrario la frequente ripetizione del termine 'esodo' è prolungata e dilatata orizzontalmente, tenuta più a lungo con la voce che va man mano a perdersi assottigliandosi, seguendo uno stile dai tratti molto orientaleggianti.
È importante precisare che il contrasto tra il significato angosciante del testo da una parte e lo stile musicale abbastanza sciolto dall'altra, non deve stupire: è proprio questa marcata contraddizione l'elemento tragico, che lascia l'ascoltatore orribilmente sconcertato, angosciato e preoccupato per una possibile fine non troppo lontana. Cosa fare, dunque, trovandoci forse nel momento estremo, ultimo e finale dell'umanità? Non si parla certamente di una morte individuale per cui 'quando si muore si muore soli'; si tratta invece una morte collettiva, ugualmente codarda forse, ma che condanna ad una fine tutti allo stesso modo.
Ecco quindi che la morale cristiana consiglia un pentimento, la richiesta di salvezza a un dio bestemmiato, disprezzato e offeso, l'assunzione di un atteggiamento improvvisamente remissivo, e perché no anche incoerente con le scelte che hanno marcato una vita intera. Gli edonisti proporrebbero invece di concedersi ad un'ultima sfrenatezza, godere dei piaceri che restano, fino alla fine. Gli epicurei di non temere, perché 'la morte non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c'è lei, e quando c'è lei non ci siamo più noi'. Battiato invita invece a un esodo dell'anima, per allontanarsi finalmente da tutto ciò che corrompe, dai piaceri, dai turbamenti e dai dolori che impediscono di raggiungere l'agognata atarassia, e riuscire finalmente a ricongiungersi alla sostanza spirituale.
Articolo del
15/01/2021 -
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