Dopo un lungo peregrinare in giro per l’Italia per musicare del vivo il recente “Sindacato dei Sogni” ed i precedenti album, i Tre Allegri Ragazzi Morti hanno fatto tappa a Napoli, ospiti del “Je so' Pazzo Festival 2019” andato in scena presso il complesso dell’ex ospedale psichiatrico giudiziario situato nel cuore del capoluogo campano. Ho avuto il piacere e l’opportunità di intervistare quell’allegro ragazzo morto di Enrico Molteni per Extra! Music Magazine, che mi ha parlato del loro ultimo lavoro discografico, degli adolescenti di oggi e dei segreti dietro il sodalizio artistico che da venticinque anni ha portato i TARM a essere uno dei gruppi alternativi italiani più interessanti e apprezzati nella scena musicale. Ecco come è andata.
Ultima tappa di un lungo tour, soddisfatti di come è andata? Direi di sì, siamo contenti
Ripartirete subito o vi concederete qualche giorno per visitare la città? Purtroppo non ci fermeremo. Anche se in passato ho vissuto a Napoli per un po’ quando ho fatto l’università, il mio coinquilino era Roberto Fico, il Presidente della Camera.
Davvero? Non mi dire Sì, è stato un po’ di tempo fa, avevo diciannove o vent’anni
Com’è la storia della “ceramica italiana persa in California”? Corrisponde all’intenzione musicale. Noi siamo italiani e abbiamo fatto una cosa che in qualche modo ispirata dal suono del post-punk californiano dell’81-82, quando abbiamo cercato questa statuetta che ci piaceva l’abbiamo trovata in California e abbiamo notato che era stata realizzata in Italia. Quindi si è creato uno strano cortocircuito per cui non capivamo più se eravamo noi ad aver influenzato loro o viceversa. I lavori precedenti avevano delle influenze etniche dal reggae alla cumbia, questo invece è un disco rock che non è propriamente una cosa nelle nostre corde però pensiamo che lo sia diventata avendo avuto più tempo per assimilarla
A proposito di influenze, dopo tutte queste parentesi musicali avete ancora voglia di esplorare altre sonorità? Sì, nel senso che comunque ci piace molto l’idea di scoprire cose nuove. C'è stato un momento in cui andare alla scoperta di nuovi suoni sembrava una priorità e invece adesso il tutto è tornato nei limiti consentiti, quella necessità è un po’ calata. Abbiamo comunque fatto tre dischi con quelle influenze e chissà cosa succederà in futuro
Le maschere che indossate sono ormai diventate un vostro segno distintivo, cosa rappresentano per voi? Inizialmente la nostra immagine doveva essere soltanto a fumetti, solo disegnata. Chiaramente poi quando fai concerti, interviste video e cose del genere è difficile essere rappresentati in quel modo. Quindi la maschera era un modo per ovviare a quel problema e poi è diventata un po’ un simbolo, il nostro modo per esprimere quello che facciamo artisticamente. Quando non ce l'abbiamo siamo delle persone normali e quando la indossiamo siamo una band; ricorda un po’ i supereroi che hanno bisogno della tutina colorata per esercitare i superpoteri. Alla fine la maschera è diventata anche più importante delle nostre facce
Quest’anno cadranno i venticinque anni di attività dei Tre Allegri Ragazzi Morti, una sorta di nozze d’argento per voi. Qual’è il segreto del vostro “matrimonio” artistico? Credo siano state le canzoni a fare da collante. A un certo punto il gruppo acquisisce un suo carattere e una sua identità, ne facciamo parte e siamo legati a esso, quindi siamo stati bravi negli anni ad avere una forte forma di reciproco e seguire i ruoli di quello che facciamo. Queste cose ci hanno permesso di andare avanti. Anche il nostro desiderio di essere indipendenti è stato forte e quindi siamo orgogliosi di quello che facciamo perché l’abbiamo sempre fatto da soli, con le nostre idee e la nostra forza
C’è qualche gruppo o musicista italiano che attualmente ti intriga? Ho compiuto ieri 43 anni (venerdì 13, ndr) e sono in una fase in cui mi piace ascoltare molto i giovanissimi che fanno musica, come ad esempio gruppi di ventenni che suonano ma non sono tecnicamente bravissimi però hanno comunque un’energia che arriva in modo diretto e questo continua a gasarmi. In questo momento l’artista che mi piace di più si chiama Pufuleti ed è un’artista italiano che durante l’infanzia si è trasferito con i genitori in Germania, fa una sorta di rap particolare e nell’ultimo periodo lo sto ascoltando con una certa attenzione
E più in generale che idea ti sei fatto dell’attuale scena musicale in Italia? C’è stata quest’ultima ondata in cui la musica italiana ha sfondato quello che prima un limite e c’era questa miscela particolare tra la musica internazionale e quella nostrana, dove molti appassionati si rivolgevano maggiormente a quella straniera e non si accontentavano di quella prodotta in Italia. Poi il nostro paese è diventato per certi versi autonomo: la musica dall’estero arriva comunque però le persone hanno voglia di ascoltare musica italiana più di quanto accadeva in passato. Quindi c’è un mercato più grande, c’è più pubblico, ci sono più band e un circuito di locali più numeroso. Da un certo punto di vista sono contento, perché in qualche modo anche noi abbiamo lottato perché ciò avvenisse, ma questo non vuol dire che mi piace tutta la musica che gira attualmente e che ha successo. Io la vedo in questa maniera, negli anni ‘90 i gruppi erano definiti “alternativi” perché facevano qualcosa di diverso da quello che era mainstream, mentre adesso c’è una nuova onda che tira fuori canzoni meno elaborate che però hanno successo e piacciono al grande pubblico. Però mi spiace che quello sforzo di trovare nuove soluzioni musicali sia stato accantonato, adesso sto aspettando che arrivi un’altra onda che vada controcorrente
Nelle vostre canzoni sono spesso presenti diverse figure adolescenziali, e in merito a questo ero curioso di sapere se vi riconoscente in quelli di oggi La figura adolescenziale di cui parlano le nostre canzoni è il cosiddetto “adolescente assoluto” e in queste cerchiamo di raccontare quello che succede in uno dei periodi più interessanti della vita, in cui cambiamenti, sogni e paure si mescolano in modo molto forte. Credo che queste cose valgano per gli adolescenti di tutti i tempi. Sicuramente internet ha rappresentato un grosso cambiamento gigantesco nella società rispetto ai tempi in cui abbiamo iniziato a suonare. Vedo che i ragazzini di oggi hanno un modo di pensare diverso, poi tutto è più veloce proprio grazie a internet e puoi trovare qualsiasi cosa rapidamente, non è più come una volta dove ad esempio bisognava aspettare un mese per ricevere un disco ordinato in America Spotify è un chiaro esempio Sì, le cose sono molto cambiate rispetto a prima
Suppongo che adesso vi concederete una meritata pausa dopo il lungo tour Sì, staccheremo la spina dai concerti ma abbiamo alcune idee in cantiere che svilupperemo nei prossimi mesi
BONUS TRACK Qui ci sarebbe dovuto essere un ligio e dettagliato report del concerto dei TARM ma sarà per la prossima volta, ho avuto delle questioni in sospeso da risolvere, perché ogni tanto qualche cerchio nella propria vita va chiuso. Questo è durato circa dodici anni e nella recensione di “Sindacato dei Sogni” ho spiegato come è stato aperto, in questa intervista vi dirò come l’ho chiuso. E poi ho anche io il diritto, ogni tanto, di mettere da parte penna e taccuino per prendere appunti su scaletta e momenti salienti, così da godermi lo spettacolo senza crucciarmi di cosa scrivere poi nel live review. Parlo della stessa esibizione in cui le facce stanche e con qualche ruga di troppo di Davide, Enrico, Luca e Andrea viste qualche ora prima si sono dissolte dietro maschere e magliette scheletriche. Se Clark Kent nella vita normale è un giornalista occhialuto e distratto, non vedo perché i supereroi della mia adolescenza non possono abbandonarsi a una rigenerante pennichella sul divanetto come Luca
Tornato a essere un allegro ragazzo morto Toffolo si è calato nel solito ruolo aizzatore di folle e pungolatore di coscienze, teatrale portavoce di una generazione che ha voglia di fare, spaccare il mondo e chissà se un giorno non riuscirà nell’intento. Non a caso il live ha visto i TARM esibirsi giusto in un paio di brani ripresi dall’ultimo album essendo il concerto improntato per la maggiore sul vecchio repertorio del gruppo, un viaggio musicale a ritroso della venticinquennale carriera della band di Pordenone. Ed è così che gli ex-adolescenti, ora più vicini ai trenta e quaranta che ai venti, sono ritornati a esserlo per un’ora abbondante, ma c’è chi si ostina a rimanere tale anche quando la carta d’identità segna pericolosamente l’arrivo dei ventotto anni. Poco importa, il mondo degli adulti non mi avrà mai.
Io a nove anni ascoltavo le sigle dei cartoni animati di Cristina D’Avena, il piccolo Arturo invece a quest’età è salito sul palco per cantare “Bengala” con il piglio e la sfrontatezza di un veterano, e ciò mi infonde una buona dose di ottimismo nonostante ci sia poco da stare allegri a questo mondo. Enrico ha ragione quando parla di generazioni con la solita mistura di problemi e sogni adolescenziali, ma è giusto differenziare tra chi la sta trascorrendo ascoltando pagliacci tatuati in faccia e chi l’ha passata (non tutta ma una buona parte sì) in compagnia dei Tre Allegri Ragazzi Morti, quelli che ogni tanto trovano il tempo per chiudersi in sé stessi (esser soli, a volte è una necessità che fa bene) ed essere incazzati col mondo che non li capisce, di ricordare quanto era bello star svegli la notte e tutto il giorno dormire. E no, “scurdámmoce 'o ppassato” questa volta non vale, non con me, perché se l’avessi fatto col cavolo che adesso mi starei chiedendo se questo lungo trafiletto sia perfino più interessante delle domande rivolte a Enrico.
Firmato, un allegro ragazzo morto.
Articolo del
17/09/2019 -
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