Suona la chitarra tamburellando sulle corde con la prospettiva di un batterista che scruta l’empireo del rock. Anna Mancini, musicista napoletana, ha assorbito i riferimenti dall’America senza dimenticare le origini che affondano nella tarantella o nella tammurriata. Attenzione: siamo lontanissimi dallo stereotipo del chitarrista acustico perché Anna Mancini, (di nome e di fatto perché è mancina), suona adoperando tapping, slapping, tecniche percussive con accordature alternative. Negli ultimi mesi, Cristiano De André ha voluto che Anna aprisse i concerti del tour “Storia di un impiegato” che ha registrato ventuno sold out su ventuno date nei teatri italiani. Il pubblico applaude gli strappi e le percussioni sulle corde, sorpreso da un suono che può essere una carezza o uno schiaffo
Anna, come sei arrivata a questo tipo di suono? Mi sono avvicinata alla chitarra perché ascoltavo i Led Zeppelin e mi ero innamorata di Jimmy Page che sperimentava le accordature aperte e io avrei voluto essere come lui
Che cosa ti colpì di Page? Page ha innovato il modo di fare rock e ha scritto linee melodiche, riff, assoli che hanno una personalità propria. Tornando alla mia storia, da bambina, il mio sogno era quello di suonare la batteria ma i miei genitori mi indirizzarono al pianoforte
Facci capire, siamo agli antipodi nella famiglia degli strumenti, che è successo? Facile, volevo una batteria ma i miei avevano timore che poi avrei dato fastidio al condominio. Mia madre sostenne che sarebbe stato meglio comprare un pianoforte; male andando sarebbe rimasto un bel mobile in casa. La batteria non può fare arredamento
Quindi hai studiato pianoforte? Ma no, io volevo suonare sùbito e invece la maestra non mi faceva toccare la tastiera, mi insegnava il solfeggio. Mi annoiavo, sognavo una musica roccheggiante così ho scelto la chitarra a modo mio
Tutto questo avveniva a Napoli che in musica esprime una stratificazione sociale e a ognuno corrisponde una cultura: la tradizione è la musica popolaresca ma è ben radicata la canzone d’autore e persino i neomelodici. Nella tua musica mi pare che ci sia un filo rosso che attraversa tutto questo fiume sonoro Sì, hai ragione, ti dico che non mi dispiacevano nemmeno i neomelodici tanto che faccio anche una cover di Franco Ricciardi che è il papà di tutti i neomelodici ed ero un’estimatrice di Nino D’Angelo. Per le mie composizioni, credo che tu ti riferisca al fatto che in alcuni pezzi prevale una radice melodica
A questo punto dobbiamo capire meglio le tue radici, che musica ascoltavi da bambina? Son partita da Michael Jackson e proprio per le sue canzoni mi sono messa in testa la batteria e la chitarra. Poi, ho detto dell’innamoramento per Jimmy Page e il passo successivo è stato Preston Reed al quale basta una chitarra acustica per essere incredibilmente metal”!
Preston Reed è forse il punto d’arrivo? Sì, lui è stato davvero un innovatore. Adopera varie tecniche, tapping, legature e imprime quei colpi percussivi
Ora apri i concerti di Cristiano De André. Com’è avvenuto l’incontro? Cristiano aveva ascoltato alcuni miei pezzi e mi ha contattato. Mi ha sentita suonare dal vivo e mi ha chiesto di aprire i suoi concerti con un set strumentale; in seguito sono entrata a far parte del suo spettacolo. Facciamo due canzoni insieme: Disamistade e Megu Megun
E ti sei trovata in teatri con migliaia di persone davanti. Che cosa ha significato? E’ una grande emozione, dovunque c’è sempre il pienone e poi c’è un bel pubblico perché è sempre attento. Molto interessante e ti confesso una cosa: di musica italiana ne avevo ascoltata molto poca, l’unico che ho sempre apprezzato era proprio De André. Quindi sono doppiamente felice. I suoi sono romanzi in musica, ti aprono la mente
E dopo la musica la tua passione è la letteratura Sì, ma quella horror o thriller. Sono sulla buona strada per finire di leggere tutti i libri di Steven King, cono arrivata quasi a cinquanta. Ogni tanto lo accantono per leggere i russi o le biografie di personaggi storici inglesi ma alla fine torno sempre dal mio King
Articolo del
27/07/2019 -
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