Pubblicato dall’etichetta Filibusta Records, Jouer et Danser è il secondo disco che porta la firma del Dos Duo Onirico Sonoro, un binomio musicale che vede Annalisa de Feo al piano e Marco Libanori alle percussioni. In questo nuovo lavoro il DUO fonde la musica balcanica con la classica, passando per il jazz, l’avanguardia e la musica elettronica. La strada che percorrono è sempre la stessa, ma con una sperimentazione decisamente più spiccata e matura. Annalisa de Feo ci ha raccontato questa nuova esperienza discografica
Jouer et Danser è un disco ricco di contaminazioni, dove c’è tanta elettronica ma anche tante altre forme musicali: ce lo volete descrivere brevemente? Certo, Jouer et Danser è un disco dove la sorpresa e l’inaspettato, uniti alla diversità di input e suggestioni, rappresentano la nostra chiave di lettura principale. A fare la differenza, rispetto al precedente album, è senza dubbio l’elettronica che unita a suoni classici e provenienti da diverse tradizioni, sposta il suono sempre di più verso l’avanguardia ed una sperimentazione continua. Ogni brano di questo nuovo lavoro discografico ha una forte identità e al contempo contribuisce alla realizzazione di un cerchio, dove il “fiabesco e il magico” insieme con l’elettronico e l’acustico si fondono continuamente. Jouer et Danser, title track dell’album, è una delle composizioni alle quali siamo più legati, un brano quasi dance dove l’elettronica gioca un ruolo importante. Rappresenta per noi un inno alla libertà, un invito a vivere senza vincoli particolari e a riscoprire l’innata capacità di danzare. A questo si alternano anche brani dal forte impatto timbrico a brani dal sapore più visionario e dal carattere onirico. Al contempo ci confrontiamo ora, in questo nuovo lavoro, anche con forme e generi musicali più definiti e riconoscibili come la ballad in “Miravora”, e un certo tipo di pop con la title track dell’album “Jouer et Danser”. Questa cosa ci ha dato un maggior respiro e una possibilità di apertura verso nuove sonorità e nuove collaborazioni: per es. in Miravora si uniscono basso, trombone e clarinetto
Cosa è cambiato rispetto al precedente lavoro e soprattutto quali sono le novità maggiori che troviamo in Jouer et Danser? Il precedente disco è un lavoro che è stato realizzato forse in maniera più istintiva, come per volontà e necessità di fermare le prime composizioni, le prime idee: la necessità di esprimere quello che da anni maturavo in me e che non avevo mai avuto l’opportunità di tirar fuori. Jouer et Danser è un disco che definirei più concreto, più strutturato, meno “classico” e con una grande attenzione verso arrangiamenti e forme che appaiono ora più definite
Parlaci anche del percorso musicale e artistico del DUO: come è cominciato tutto e come si è evoluto nel tempo? Tutto è cominciato tra le pareti di un casolare immerso nel bosco, in cui ho scelto di vivere per una breve periodo. Credo fortemente che il luogo (adatto) possa stimolare il processo creativo. Sentivo di volerlo, ricercavo questa condizione da anni e, appena si è presentata l’occasione, l’ho afferrata con tutta me stessa. Il passo successivo è stato l’introduzione delle percussioni e di una ritmica che con Marco Libanori hanno preso vita anche attraverso i suoni elettronici.
Come avete lavorato alle composizioni invece? Solitamente io porto l’idea tematica e il suo sviluppo, insieme si pensa all’arrangiamento.
Dicevamo all’inizio che nel disco ci sono tante contaminazioni: c’è una musica, un linguaggio che pensi ti rappresenta maggiormente? Questa è una domanda complicata in quanto ho tanti amori musicali. Vengo dalla musica classica, ma col tempo ho amato anche il Jazz, le forme popolari del tango argentino, il samba e la bossanova, la musica balcanica e quella d’avanguardia, il fado e la musica elettronica, un certo tipo di punk e le sperimentazioni, Il teatro nelle sue espressioni più folli, ma anche quello di Martone e Lonesco (soprattutto) o la poesia di Mariangela Guarltieri
Raccontaci anche la tua storia artistica prima del DOS: come ti sei avvicinata alla musica e che tipo di percorsi hai fatto Ho fatto un percorso classico, mi sono diplomata in pianoforte a 22 anni al Conservatorio di Latina, sono laureata in D.A.M.S (musica) e diplomata in musica da camera all’Accademia pianistica di Imola. Per anni ho suonato in formazioni che andavano dal duo (Pf e vl, Pf e cl, pf e percussioni ecc…) al quintetto. Per un periodo della mia vita ho fatto parte di un quintetto di tango con cui abbiamo inciso un disco e preso parte a numerose collaborazioni. Mi sono avvicinata alla musica in maniera del tutto spontanea, dal momento che sono cresciuta in una famiglia in cui si respirava aria di musica: mia zia stava per diplomarsi quando avevo poco più di due anni e i miei genitori avevano studiato pianoforte per diversi anni. In casa c’è sempre stato un pianoforte che costantemente diventava il mio migliore amico
Sappiamo che hai fatto tante esperienze all’estero, compreso diversi live. Quanto hanno influito sul tuo percorso artistico? Hanno influito parzialmente sul piano artistico, in quanto ho vissuto all’estero nel periodo in cui il progetto DOS aveva già preso forma e aveva una sua identità ben precisa. Posso dire, però, che questo periodo mi ha dato “coraggio” e audacia
Soffermiamoci anche un momento sul video Jouer et Danser: guardandolo velocemente si capisce subito che avete trattato il tema dell’immigrazione. Ci volete raccontare questa esperienza? Si, dunque, l’idea di coinvolgere il gruppo di ragazzi di ArteMigrante la dobbiamo al regista del video clip, Renato Chiocca e alla coordinatrice del Centro di accoglienza Lavinia Bianchi. E’ stata una decisione presa dopo svariati incontri con Chiocca riguardo l’idea portante da mettere in scena: noi come DOS volevamo fortemente una realizzazione, sul piano visivo e narrativo, che rispondesse alla forza del brano musicale e di contenuto. Quando Renato ci ha proposto di coinvolgere il gruppo di ragazzi, ricordo che l’idea ci sorprese positivamente e ci ha entusiasmato da subito. Jouer et Danser è un inno alla libertà che punta al risveglio di se stessi, un risveglio viscerale che parte dalle capacità innate e primordiali (di giocare e danzare) che troppo spesso vengono tralasciate, nel nostro quotidiano; per cui raccontare la trasformazione di un luogo, “enfatizzando le pratiche di resistenza dei giovani migranti, la loro resilienza in contrasto con la riproduzione di una violenza simbolica e, appunto, segregante”, è stata la nostra sfida. All’interno dell’autolavaggio i ragazzi si sono sentiti liberi di potersi esprimere fisicamente e musicalmente su di una coreografia che vedeva già in atto la trasformazione del luogo precedentemente deputato al lavoro. E’ stata un’occasione di confronto e di apertura su vari fronti e per tutti coloro che hanno preso parte al lavoro: tra l’altro questa collaborazione avrà degli sviluppi futuri
Prima di lasciarci dacci anche qualche coordinata sul futuro: dove vi possiamo sentire nei prossimi live? Siamo appena reduci da due date all’estero nelle città di Berlino e Aarhus (DK) che ci hanno particolarmente soddisfatto e domenica prossima 15 luglio abbiamo suonato al dopofestival del Kilowatt Festival per una rassegna organizzata dalla Ass. cult. Mearivolutionae a S. Sepolcro (Anghiari). Il 21 luglio saremo al jazz Club di Nettuno “Jackie Brown”. il 4 agosto nella nostra città Latina, nei giardini del comune (Estival) a cura del Circolo H, il 15 settembre al Teatro Keiros di Roma ed il 5 ottobre presso “Il Progresso” di Firenze. Per ora abbiamo queste date ma a breve ne usciranno anche altre
Articolo del
21/07/2018 -
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