"Inattesi". Come alcuni dischi da recensire, che improvvisamente entrano a far parte della tua collezione. Mai titolo per un album fu più azzeccato, almeno nel mio caso, quando lo stesso Davide Peron si è offerto gentilmente di inviarmi una copia del suddetto. Un disco che però atteso lo è stato, eccome, soprattutto quando la postina della tua zona si ostina a non consegnare il pacco tanto bramato e in più devi sorbirti un’ora di fila in posta per andarlo a ritirare. Ah, la dura vita del critico musicale...
Tornando a questioni musicalmente più attinenti (e interessanti), “Inattesi” è il quinto album di Davide Peron, musicista vicentino molto attento alle dinamiche di estrazione sociale, spesso attraverso eventi di varia natura spesso proposto sul territorio e non solo. Edito da New Model Label, l’ultima fatica discografica del cantautore veneto è stata realizzata in collaborazione con Davide Antonio Pio, che ne ha curato gli arrangiamenti oltre a esserne il produttore esecutivo.
All’origine del disco si pone la nascita di sua figlia, e la trasposizione in musica avviene per mezzo di un concept album ad ampio spettro, sette tracce che spaziano dall’amore genitoriale al ripudio della guerra. Insomma, Peron ama la vita in tutte le sue sfaccettature e si è servito del mezzo musicale per esprimerlo.
“Abbiamo pensato a giocare” è un dolce benvenuto per la nuova arrivata, intrinseca di amore genitoriale che finisce quasi per assumere le sembianze di una rassicurante ninna nanna cullata dai delicati arpeggi di cui si compone. Nel parlato in coda di Peron è facile avvertire un senso di genuina commozione e gioia nello spiegare l’emozione che solo la nascita di un figlio può regalarti, con tanto di approvazione della piccola Anita Maria in sottofondo.
Peron si rifà alla tradizione classica del cantautorato italiano, volto alla semplicità che non rinuncia però a sani virtuosismi, con uno stile autoriale ben definito. Su queste premesse si basano “L’attesa vuol cura” e “Filastrocca”, ovvero testi che denotano una positività di fondo, arrangiati con estrema efficacia.
C’è tanto di Davide in questo lavoro, più di quanto si possa immaginare: è la voce di sua moglie Eleonora Fontana a decantare la poesia in “Fiore de campo” accompagnata da pochi ipnotici accordi ripetuti, salvo poi arricchirsi di nuovi giri armonici, e dove ogni tanto fanno capolino brevi accenni di dialetto veneto, forte del legame della famiglia Peron con la terra natia.
Come accennato in apertura, l’encomiabile impegno sociale del musicista si riflette pienamente nel brano “Il fiore che ho davanti”, un rock antibellico che vede l’alternanza di chitarra acustica e quella elettrica nella prima parte, seguito dal suono più armonioso e rassicurante del pianoforte su cui si adagia placido il timbro vocale di Peron, prima di concludersi nuovamente con un estratto ripreso dall’intervista fatta al cantautore vicentino, che ben rende l’idea della preziosità della vita umana paragonandola a quella di un fiore, metafora sempre attuale.
Dedicata alla sua dolce metà, “Prima di” si distacca dalla classica canzone d’amore italiana, proponendo il tutto in una forma più aulica, autorevole, mentre “Un silenzio” è quello che cala saggiamente sull’opera quinta dell’artista veneto.
“Inattesi” è prima di tutto un disco personale, di quelli dettati dall’urgente bisogno di raccontare attraverso la musica le proprie emozioni: qui si parla di nascita, dove a quella della piccola Anita Maria è corrisposta quella artistica di suo padre che ha dato vita alle sette tracce dell’album. E nelle parole di Davide Peron è facile rispecchiarsi se si è genitori, o semplicemente attaccati alla vita, tra gioie e dolori. Si tratta in ogni caso di un lavoro che per il cantautore vicentino acquisirà una valenza emotiva ancora maggiore quando tra qualche anno sua figlia riuscirà a comprendere tutto l’amore che i suoi genitori sono riusciti a riversare in un disco, regalandole emozioni sì inattese, ma non per questo banali
Articolo del
07/03/2019 -
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